Il dottor Giuseppe De Lorenzo evidenzia come il suo intervento abbia scatenato “un finimondo” anche in colleghi con i quali ha sempre avuto un amicizia schietta e sincera.
Scrive De Lorenzo:
“Caro Michele, qualche anno fa, quando ricoprivi il ruolo di Direttore Sanitario dell’A.O. Rummo, nel rispondere ad una mia segnalazione per un involontario disservizio generatosi, mi scrivesti testualmente: “Caro Peppino, anche se si tratta di un rapporto istituzionale, memore della nostra vecchia e consolidata amicizia, per quanti sforzi faccia, non riesco a rivolgermi a te se non usando il tu…”. Oggi, a distanza di tempo, mi trovo io nella tua stessa situazione e, per questo, mi permetterai il tono confidenziale.
Secondo il mio modesto angolo visuale, ed è convinzione dei più, l’attuale gestione dell’Asl non è condivisibile e le conflittualità interne ne sono la prova. Non v’è, sia ben chiaro, alcuna intenzione da parte mia effettuare, nello specifico, alcuna valutazione. Sono i fatti, purtroppo, ad essere oltremodo eloquenti.
Anche se i nostri attuali rapporti non rispecchiano, non già per mia volontà, la tua ventilata “vecchia e consolidata amicizia”, per onestà intellettuale, alla quale ho cercato di non venire mai meno, pur trovando non poca difficoltà, ritengo doveroso intervenire su di una problematica che, ormai da mesi, sta tenendo banco in molti ambienti e che sta dando l’avvio a numerosi contenziosi dinanzi alla magistratura del lavoro. Intendo riferirmi, per la precisione, alla questione dei pazienti fantasma, da anni in carico ai medici di famiglia. La vicenda ha avuto maggiore clamore a seguito della maxi operazione effettuata, giorni fa, a Caserta e rimbalzata agli onori della cronaca nazionale.
Un intervento sulla delicata questione in cui ho cercato, con purezza di intenti e libertà di pensiero, di esprimere un mio giudizio ha scatenato, come prevedibile, un finimondo con reazioni anche da parte di colleghi con i quali ho da sempre intessuto amicizia schietta e sincera. Ognuno è libero, vivendo in un periodo di auspicata democrazia, di pensarla liberamente, rispettando, ed è naturale che sia così, le convinzioni altrui.
Bene. Le colpe di quanto si è verificato sono reciproche e non comprendo il motivo per cui, cercando di sedersi a tavolino, non sia stata trovata una soluzione. Infatti, se è vero, ed alcuno può negarlo, che il medico di famiglia debba essere a conoscenza della morte dei propri pazienti è, altresì, vero che Comune ed Asl non hanno condotto con rigore quanto disposto dall’attuale dettato legislativo.
Nel corso dei controlli sono stati evidenziati dei casi in cui, per qualche assistito deceduto anche da vent’anni, il medico di base ha continuato a percepire regolarmente la quota mensile. L’Asl, da sempre e non solo oggi, fornisce con puntualità l’elenco degli assistiti in carico, allegando ogni volta una nota in cui invita il medico “a segnalare, dopo una puntuale verifica, eventuali discordanze”. Quando si controllavano i tabulati semestrali e non ci si accorgeva che alcuni pazienti, regolarmente retribuiti, erano deceduti da un ventennio, ritengo che sarebbe stato giusto prenotare, seduta stante, per mia moglie compresa quale medico massimalista, una visita oculistica. Senza alcun indugio.
L’altro risvolto della medaglia, invece, ha permesso di evidenziare le manchevolezze, come dicevo, di Comune ed Asl. In che modo, infatti, il medico di base avrebbe potuto sapere che un paziente, magari giovane e meno frequentatore dello studio, si era trasferito altrove? In definitiva, una colpa attribuibile al cinquanta per cento tra medici ed Asl.
E’ appunto il caso di evidenziare, quale esempio, l’assurda situazione in cui, guarda caso, è stato coinvolto un tuo congiunto, di cui mia moglie è il medico. D’un tratto, malgrado regolarmente assistito, tra l’altro con frequenza considerando le patologie di cui soffre, è risultato che lo stesso non era più residente nella nostra città, con il risultato che, con un colpo di spugna, sono state, erroneamente, sottratte ben centoventi quote corriospondenti a dieci anni di assistenza. Sic!
Quindi, secondo il mio parere, tutta la polemica innescata non ha alcun fondamento e, per questo, onde evitare il protrarsi di inutili e dispendiosi contenziosi legali, ti invito ad adoperarti al fine che si raggiunga, da ambo le parti, un compromesso che faccia rasserenare gli animi senza proseguire la strada dello scontro quotidiano.
Ecco, ad esempio, per quanto riguarda la retribuzione delle spettanze per i vaccini praticati lo scorso anno bene hai fatto ad impartire disposizioni al fine che venga effettuato il pagamento senza compensazioni con il credito vantato, malgrado i tanti decreti ingiuntivi già in atto. Qui, mi permetterai, si è arrivati all’assurdo di dover leggere che un medico di base, che ha vissuto con dedizione tutta la vita accanto ai suoi pazienti, ha scritto: “…..con quale stato d’animo, con quale partecipazione faremo le vaccinazioni del 2013?….”. Frasi del genere sono inammissibili e sono convinto che siano scaturite dal ruolo sindacale ricoperto ben conoscendo ed apprezzando da sempre l’onestà intellettuale e la dedizione di quel collega a difesa della quotidiana sofferenza umana.
Anche se, ne sono convinto, apparirò, ancora una volta, controcorrente attirandomi l’ira di tanti colleghi, senza tema di smentite, ritengo che la retribuzione mensile dei medici di famiglia non sia affatto da sottovalutare. Personalmente, dopo ben 41 anni di servizio e pur dirigendo un reparto con una utenza particolare, percepisco la metà dello stipendio di mia moglie. In sostanza, un medico di base massimalista ha una retribuzione doppia di un dirigente sanitario che, se si considera chi si fa pagare, come previsto dalla normativa, tutte le certificazioni di qualsiasi tipo, arriva quasi a triplicarsi. Questa è la realtà qualora si voglia essere sinceri sino in fondo. Potrò, ancora una volta, apparire bastian contrario, ma la sincerità è stato il mio modello di vita cui ho improntato tutta l’esistenza.
Se è vero, e ben lo so, che nella retribuzione del medico di famiglia concorrano più voci e, quindi, quest’ultimo debba far fronte in proprio a talune spese, il divario con gli atri sanitari rimane comunque. A ciò si aggiunga che, oggi, esistono gli studi associati che permettono la ripartizione delle spese. Voler negare il divario retributivo esistente tra medici di famiglia e sanitario della struttura pubblica significa non ammettere una verità lapalissiana. Senza considerare la forza elettorale che un medico massimalista ha e gli altri benefici che il sanitario della struttura pubblica non conosce affatto. Suvvia, bisogna cercare di essere sereni nella valutazione. Poi, ognuno è libero di credere in ciò che più ritiene giusto. Da parte mia rimango della convinzione, fors’anche sbagliata, ma che sono pronto a dimostrare sino in fondo.
Ecco, caro Michele, ti esorto ad adoperarti al fine che questa sceneggiata abbia fine. Una volta per sempre. Cerca di dare un segnale che la rotta stia cambiando decidendo da solo senza i suggerimenti di qualche compagno di cordata, pochissimi in verità, guarda caso alcuni saliti agli onori della cronaca nei testi delle intercettazioni che mi riguardarono. Scelte pessime che sono, a mio avviso, la causa prima di quanto si sta verificando. Purtroppo! Con la speranza che ascolterai il mio consiglio, schietto e disinteressato, ti abbraccio con l’affetto di un tempo. Giuseppe De Lorenzo
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