La “questione giovanile” è stato il centro della quinta lezione di “CIVES – Laboratorio di Formazione al Bene Comune”, che si è svolta venerdì 21 Dicembre presso il Centro di Cultura “Raffaele Calabria”.
L’incontro ha visto il prof. Alessandro Rosina (docente di demografia presso l’Università Cattolica) e il sociologo beneventano Claudio Marotti (autore del libro “La questione giovanile nella società post-moderna”) in qualità di relatori sull’importante tema “I giovani risorsa del paese”.
Come di consueto, Ettore Rossi (Direttore dell’Ufficio per i Problemi Sociali e il Lavoro della diocesi di Benevento) ha introdotto i presenti al tema: “La questione ci sta particolarmente a cuore perché in essa risiede sia il problema che la soluzione, in quanto se non si investe sui giovani accorciando la transizione dalla fase giovanile a quella adulta, le prospettive per il nostro paese sono difficili. Chiediamo una scelta preferenziale per i giovani perché sono attualmente l’anello debole, quello più povero della società”.
La mancanza di politiche di sostegno volte al mondo giovanile è stata successivamente ripresa più volte nell’intervento del prof. Rosina, il quale non ha trascurato un’analisi del contesto attuale e delle sue criticità: “Una società statica fatta di esseri immortali ha molte meno possibilità di crescere e progredire rispetto a una che evolve con il succedersi delle generazioni; per questo il ricambio generazionale è da sempre la chiave per il miglioramento sociale, e d’altronde – nota il professore – la parola giovane ha la stessa radice etimologica del verbo latino “iuvare”, che significa “essere utile, giovare”, per cui è tautologico che i giovani debbano dare un contributo positivo alla società.”
Sarebbe di conseguenza improduttivo, alla luce di questo dato, non constatare la consistente e stabile contrazione del peso e della presenza dei giovani nel nostro Paese, ulteriore aggravante e conseguenza naturale della dilagante mancanza di politiche serie volte alla famiglia: “ Questo dato – ha proseguito Rosina – si potrebbe compensare con la qualità della loro formazione e partecipazione, e invece ci ritroviamo con il paradosso italiano nel quale questo non avviene; pertanto al disinvestimento quantitativo nelle nuove generazioni si affianca un ancor più grave disinvestimento qualitativo: l’Italia investe di meno sui pochi giovani che ha. Inoltre in Italia risulta forte la dipendenza delle nuove generazioni dalla famiglia d’origine, dipendenza dovuta in parte a fattori culturali e in parte a fattori strutturali, anche se la tendenza attuale è verso un’accentuazione del peso delle variabili economiche”.
Una situazione problematica dunque, che lascia chiaramente intravedere una soluzione che tarda ad essere accolta: “Le nostre nuove generazioni – ha concluso il docente – hanno tutte le caratteristiche e le potenzialità per inserirsi nel percorso d’innovazione che chiede l’Unione Europea”.
Il dott. Claudio Marotti è intervenuto nella seconda parte dell’incontro, ribadendo quanto la questione giovanile sia in realtà parte fondamentale di una più ampia questione sociale: “Oggi il futuro è percepito come una minaccia, non più una promessa come lo intendevano le generazioni precedenti, e ciò è avvenuto perché viviamo una profonda crisi della modernità, che è sempre stata un aspetto caratterizzante dell’individuo. Con il Novecento abbiamo visto l’applicazione della tecnica non più finalizzata al progresso ma al servizio della morte. E ciò non ci è stato di insegnamento”.
Un essere umano profondamente mutato, dunque, non più proiettato al confronto, alla condivisione con l’altro, ma dominato dall’egoismo e assoggettato dalla scienza e dalla tecnica: “Il futuro non lo costruirà l’uomo della società tecnologica – ha concluso Marotti – perché non ha gli strumenti culturali e interpretativi per farlo. Sono i giovani che devono prendere in mano il loro destino e comprendere che tocca a loro costruire un futuro, un mondo diverso, del quale beneficeranno tutti”.