SIIET “Infermieri in ambulanza senza medico? Significa condannare i pazienti a morte certa!”

Ancora un suicidio nel Sannio. Avvocato si impicca nella sua abitazione

“Ma chiaramente al netto di un rispetto totale e di profonda gratitudine per gli stessi infermieri.” Siamo ormai abituati a leggere articoli dove si parla di una riorganizzazione del sistema territoriale di emergenza sanitaria nei quali viene puntualmente posto l’accento sul fatto che il “solo” infermiere sui mezzi di soccorso nuoce gravemente alla salute dei cittadini. Piccolo inciso: l’articolo a cui ci si riferisce è datato 23 febbraio, 3 giorni dopo la giornata nazionale del personale sanitario, del personale socio-assistenziale e del volontariato. A ciascun lettore il libero commento. Partiamo dal titolo, e dall’espressione forte in esso contenuta: “[…] condannare i pazienti a morte certa”. Questo può avvenire quando non vengono fornite cure adeguate, quando si decide di non procedere con trattamenti che potrebbero salvare la vita o migliorarne la sua qualità, o quando le condizioni di un sistema sanitario impediscono l’accesso a cure necessarie. Trasformiamo l’espressione semplicistica ed infelice di “morte certa” in un qualcosa di più scientifico: ad esempio l’indicatore di esito sulla mortalità. Le variabili che influenzano la mortalità sono molteplici: fattori sistemici, condizioni del paziente, decisioni cliniche condivise, e tanto altro. Pertanto, valutare gli esiti in termini di mortalità richiede un’analisi complessiva che consideri tutti questi elementi. Chi lavora in sanità sa benissimo che è difficile isolare il contributo delle singole professioni nel valutare gli esiti (sia positivi che negativi). Quindi, che capacità analitiche e predittive ha utilizzato l’autore dell’articolo in questione nel predire che la sola presenza dell’infermiere sulle ambulanze porterebbe ad un aumento della mortalità? Perché di mortalità si deve parlare, giusto? La letteratura scientifica ha dimostrato l’esatto contrario: la presenza dell’infermiere ha inequivocabilmente ridotto gli esiti negativi. Dubitare sulla presenza del “solo” infermiere significa asserire che gli infermieri potrebbero non avere le competenze necessarie per gestire le emergenze. Tuttavia, questa visione non tiene conto della vasta esperienza e casistica Nazionale in capo alle regioni virtuose che da ormai oltre un decennio hanno integrato le ambulanze a leadership infermieristica tra le proprie fila senza mostrare dati catastrofici, anzi riportando una ottimizzazione delle risorse impiegate oltre che una capillarizzazione del soccorso. Nell’articolo inoltre non si trovano riferimenti in merito all’alta formazione accademica e specialistica a cui tutto il personale è soggetto, oppure all’ammirazione riconosciuta a livello Internazionale che formano il personale infermieristico e che quotidianamente è espressione di qualità delle prestazioni erogate e sostegno ai cittadini. Ebbene, siamo di fronte all’ennesima ingiunzione paradossale dove gli infermieri, ed i cittadini, si trovano di fronte ad aspettative contraddittorie: devono fornire cure di emergenza efficaci in autonomia (lo dice un ordinamento giuridico, e non solo), ma allo stesso tempo, la loro capacità di farlo in assenza di altre figure professionali viene messa in dubbio, mettendoli in una posizione in cui, nonostante la loro competenza, possono risultare inadeguati a causa delle aspettative esterne. E il cittadino? Un articolo che mette in dubbio la presenza del solo infermiere sull’ambulanza può avere effetti negativi sugli stessi cittadini, creando preoccupazioni ingiustificate sulla qualità delle cure in emergenza. Questo può portare a una mancanza di fiducia nei servizi di emergenza e, potenzialmente, a esitazioni nel chiedere aiuto quando necessario, compromettendo così l’efficacia delle risposte alle emergenze. Forse chi ha scritto l’articolo non ha preso in considerazione le possibili conseguenze di tale ingiustificato allarmismo su una popolazione che spesso, volutamente, è poco informata o male informata. Pensando quindi di fare cosa giusta nel mettere sull’attenti la popolazione, si rischia di ottenere l’effetto contrario: persone che non accedono ai servizi di emergenza per paura o che aggrediscono in quanto pensano che la presenza del solo infermiere possa non essere sufficiente. Allora sì che andiamo ad impattare sugli esiti in emergenza! Spostiamo l’attenzione sulla gestione delle risorse. Si deve garantire che il sistema sanitario rimanga resiliente, flessibile e capace di fornire assistenza di alta qualità, massimizzando allo stesso tempo l’uso efficiente delle scarse risorse disponibili. Basta guardare fuori dalla propria provincia e fare un pò di benchmarking, questo sconosciuto. Avere un mezzo di soccorso a leadership infermieristica non vuol dire che quel paziente, se ne necessita, non vedrà mai un medico di emergenza-urgenza (definizione non casuale). La risposta sanitaria in emergenza pre-ospedaliera deve essere attentamente modulata in base alla gravità, alle necessità assistenziali ed alle condizioni del paziente. Questo significa che le decisioni riguardanti il personale da inviare sul posto, che si tratti di infermieri, medici, o personale tecnico o volontario, devono essere prese considerando la natura e la severità dell’emergenza. Un approccio modulato assicura che le risorse siano allocate in modo efficiente, garantendo che i pazienti ricevano il livello di assistenza adeguato alla loro situazione specifica. In ultimo, tutto questo nel pieno rispetto della dignità delle singole professioni in campo, in primis quella infermieristica, per la quale in molti nutrono un sentimento di “rispetto totale e di profonda gratitudine per gli stessi infermieri”, concetto che, sebbene scritto, risulta un po’ essere nascosto fra le righe dell’articolo.” E’ quanto scrive il Direttivo Nazionale SIIET.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *