Diritto alla salute. I divari tra Nord e Sud secondo il report Svimez
“Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute”, è il report stilato da Svimez che da uno spaccato delle condizioni del Servizio Sanitario Nazionale. Dallo stesso è emerso che molti cittadini del mezzogiorno scelgono di ricevere assistenza nelle strutture sanitarie del centro e del nord Italia e questo avviene specialmente per le patologie più gravi.
In questo panorama sanitario spicca il divario tra come lo stesso viene posizionato in campo mondiale, ossia una eccellenza per la cura dei bambini, ed invece come appare al di qua del confine con molte disuguaglianze territoriali.
Già da prima della pandemia il tasso di mortalità infantile presentava picchi in Sicilia e Calabria pari a circa il doppio di quella della regione Toscana con numero di consultori familiari che andava sempre più assottigliandosi che portavano ad avere una grossa carenza di presidi fondamentali per la salute della madre e del neonato.
“La condizione di povertà familiare incide fortemente sui percorsi di prevenzione e sull’accesso alle cure da parte dei bambini. È necessario un impegno delle istituzioni a tutti i livelli per assicurare una rete di servizi di prevenzione e cura per l’infanzia e l’adolescenza all’altezza delle necessità, con un investimento mirato nelle aree più deprivate. Occorre conoscere e superare i divari territoriali che oggi condizionano l’accesso ad un servizio sanitario che rischia di essere “nazionale” solo sulla carta. È un investimento da mettere al centro dell’agenda della politica”, ha dichiarato Raffaela Milano, responsabile dei Programmi Italia – Europa di Save the Children.
Il divario tra Nord e Sud si accentua anche perchè nel Sud i servizi sono più carenti,c’è minore spesa pubblica e distanze più lunghe. Occorrerebbe quindi aumentare la spesa sanitaria e correggere la ripartizione regionale del Fondo Sanitario Nazionale perchè nei territori con più elevato disagio sociale ci sono anche maggiori bisogni.
Secondo la Svimez queste disuguaglianze potrebbero essere ampliate dall’Autonomia Differenziata.
In base alle recenti valutazioni del CREA (Centro per la ricerca economica applicata in sanità), le famiglie italiane in povertà sanitaria,< raggiungono la quota del 6,1% e questo sia perché hanno riscontrato difficoltà e sia perchè hanno rinunciato a sostenere spese sanitarie. Se si considera invece il solo Mezzogiorno questa quota di povertà sanitaria raggiunge l’8% dei nuclei familiari, una percentuale doppia rispetto al 4% del Nord-Est (5,9% al Nord-Ovest, 5% al Centro). Anche la speranza di vita nel Mezzogiorno è di 1,5 anni in meno e anche la mortalità per tumore è maggiore.
Il Mezzogiorno, secondo gli indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile) sulla salute, è l’area del Paese caratterizzata dalle peggiori condizioni di salute: nel 2022, la speranza di vita alla nascita per i cittadini meridionali era di 81,7 anni, 1,3 anni in meno del Centro e del Nord-Ovest, 1,5 rispetto al Nord-Est. Inoltre in questo territorio si fa meno prevenzione oncologica.
Secondo le valutazioni dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), nel biennio 2021-2022, in Italia circa il 70% delle donne di 50-69 anni si è sottoposta ai controlli: circa due su tre lo ha fatto aderendo ai programmi di screening gratuiti. La copertura complessiva è dell’80% al Nord, del 76% al Centro, ma scende ad appena il 58% nel Mezzogiorno.
Nel 2022, dei 629 mila migranti sanitari (volume di ricoveri), il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno. Per le patologie oncologiche, 12.401 pazienti meridionali, pari al 22% del totale dei pazienti, si sono spostati per ricevere cure in un SSR del Centro o del Nord nel 2022. Solo 811 pazienti del Centro-Nord (lo 0,1% del totale) hanno fatto il viaggio inverso.
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