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“Una Piccola Storia da Raccontare” di Alfredo Martinelli

29/10/2012
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Quella di oggi è una storia, inviataci da Alfredo Martinelli che potremmo definire di ordinaria amministrazione nel normale svolgersi della vita quotidiana. Purtroppo però come ci dimostra alla fine della stessa il Martinelli, non dovrebbe essere così, perchè assuefarci e lasciarci trascinare in vicende simili, non risolve i problemi anzi li aggrava.

Quante piccole storie viviamo ogni giorno. Alcune sono banali, alcune sono simpatiche, altre tristi o ancor peggio amare perché non rispecchiano il naturale evolversi della vita.

Quella di oggi vale la pena leggerla anche se un po’ lunga. Essa narra di Filippo ed Antonio due fratelli nati a Benevento negli anni ’70 in una famiglia di estrazione piccolo borghese. La mamma è casalinga, il padre è impiegato in un’azienda locale.

Sono brave persone ed anche con un solo stipendio riescono ad allevare i figli non facendo mancare loro nulla. I ragazzi crescono sereni, senza grilli per la testa. Hanno solo 15 mesi di differenza l’uno dall’altro e vanno molto d’accordo.

Durante il liceo Filippo si fidanza con una compagna di scuola, ma non trascura mai il rapporto col fratello, che invece troverà la donna della sua vita durante gli studi universitari.

Si laureano entrambi in economia e commercio con pochi mesi di fuori corso. Filippo che è il più grande, inizia subito a frequentare lo studio del commercialista che cura la contabilità dell’azienda dove lavora il padre, ma pochi mesi dopo si lascia con la fidanzata storica, prima della laurea del fratello.
La vicenda lo scuote non poco. A ciò si aggiunge il fatto che a fine mese lo studio presso cui lavora non gli rimborsa neanche le spese sostenute per girare gli uffici. La situazione gli pesa ed inizia ad inviare il curriculum presso aziende con sede nel nord Italia.

Antonio ha invece consolidato il rapporto con la fidanzata e stanno già progettando il matrimonio. Lei ha trovato lavoro come amministrativa nella sede locale di un gruppo di aziende lombarde. A lui non piace la libera professione e pur di restare in città, vicino alla fidanzata ed alla famiglia, si impegna per trovare un lavoro. Individua così uno spiraglio di possibilità frequentando un vecchio amico del padre. Questi si è dato alla politica e lo invita a dargli una mano per l’imminente campagna elettorale, così se eletto, potrà sistemarlo più facilmente.
I mesi a venire sono molto intensi. Antonio si dedica anima e corpo alla causa elettorale. È a tutti gli effetti un uomo dell’entourage politico, lavora diverse ore al giorno, ma non percepisce soldi perché la sua ricompensa sarà il posto fisso presso qualche ente pubblico, società partecipata o finanziata con leggi speciali. La madre di Antonio è scettica, ma il padre, che conosce bene l’amico, si fida ed incoraggia il figlio.

Nel frattempo Filippo si è trasferito in una cittadina del centro Italia. Lavora nel settore commerciale come rappresentante. La paga è discreta e la stima dei suoi capi cresce giornalmente. Per il momento vive in una casa per studenti, perché ha capito che sarebbe un errore mettere subito radici.

La campagna elettorale è andata benone e dopo qualche mese Antonio viene premiato con un contratto a breve termine di soli diciotto mesi. Ci resta molto male perché s’aspettava qualcosa in più, ma il momento è delicato e non si può far di meglio. Bisogna aver pazienza. La fiducia non manca e convola a nozze, ma con la moglie decide di non avere figli fin quando non avrà la certezza della sistemazione.
A Natale tutta la famiglia s’incontra a casa dei genitori e Filippo racconta che ha cambiato lavoro. È stato assunto da un’azienda cliente del suo precedente datore di lavoro. Si è spostato più a nord, guadagna di più ed il lavoro è interessante perché riguarda un settore prestigioso.

Invece la moglie di Antonio ha perso il lavoro. Le aziende lombarde, finiti i cinque anni durante i quali per legge dovevano tenere la struttura aperta, perché cofinanziata dallo Stato, hanno raccolto i macchinari, affittato il capannone e licenziato gli operai. Nessuna autorità è intervenuta.

Siamo sotto Pasqua. Il contratto di Antonio è scaduto da qualche mese,ma sta continuando a lavorare gratuitamente presso l’Ente partecipato.
L’amico del padre gli  ha detto di tenere duro e promesso che a breve lo sistemerà.
E difatti in pieno agosto viene bandito un finto concorso per consentirgli di restare qualche altro mese a progetto. Peccato che la moglie non lavori più neanche presso quel famoso studio medico, ma si sapeva che lì le ragazze, tutte regolarmente a nero, hanno un continuo turn over.
A Ferragosto si incontrano come sempre a casa dei genitori. Antonio e la moglie sono bianchi, Filippo, abbronzato e raggiante, invita per l’ennesima volta il fratello a dargli il curriculum, ma lui è convinto che questa volta sarà quella buona perché con le elezioni autunnali cambierà sicuramente qualcosa.
Così come in tutte le precedenti occasioni anche per quell’autunno Antonio ed i genitori si adoperano in riunioni e raccolte di voti, ci mettono la faccia e coinvolgono amici e parenti perché sentono che è la volta buona. L’amico del padre gliel’ha garantito: “un ultimo sforzo e poi saremo tutti contenti”.

La sequenza degli eventi successivi preferisco interromperla qui. Oggi Antonio e la moglie hanno un figlio e vivono a casa dei genitori perché gli enti e le società partecipate o finanziate con leggi speciali, un tempo grande strumento per la raccolta di voti e fondi economici, stanno chiudendo o lo hanno fatto da tempo. Il modo in cui sono state gestite le risorse umane ed economiche, unita alla crisi contingente non gli ha dato scampo. Così lui si arrangia con le ripetizioni private e sta pensando di aprire con la moglie un’attività in proprio. Ha capito che in giro vi sono avvoltoi che si nutrono dell’altrui precarietà in cui trovano terreno fertile per far fiorire i propri obbiettivi.
Filippo invece vive fra l’Italia, la Germania e gli Stati Uniti. Ha cambiato nuovamente azienda e fatto carriera. Sono partiti dalla medesima condizione, ma uno dei due ha deciso di credere in sé stesso , l’altro in ciò che gli hanno abilmente promesso.

Sono sicuro che di storie simili a questa ce ne sono tante ed in molti si riconosceranno in qualcuno dei personaggi che la compongono.

Non so come continueranno le vite dei due fratelli. Mi auguro che l’attività di Antonio nasca e vada bene e che Filippo ritorni a stabilirsi in città.
Abbiamo bisogno di persone come lui che ci scuotano e risveglino dallo stato di accidia in cui siamo immersi. Essi per la nostra città sono come un buon concime naturale che rende fertile la terra per dare buoni frutti. A noi tutti serve il loro aiuto e il bagaglio di esperienza ed energia da usare per motivare chi ancora non ha capito che bisogna fare delle scelte e portarle avanti, senza lasciarsi trascinare dalla corrente di necessità altrui.

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