Alla Rocca dei Rettori presentato il terzo volume di Sentieri di Resistenza
In una sala della Provincia piena mercoledì 4 gennaio è stato presentato il terzo volume di “Sentieri di Resistenza”, edito da Delta 3, che raccoglie gli interventi del terzo ciclo di seminari dell’Officina “Maria Penna”, tenutisi tra il 2019 e il 2020.
In apertura, il coordinatore dei lavori, Nicola Sguera, responsabile dell’Officina, giunta al suo sesto ciclo di incontri, ha offerto una sommaria descrizione dell’opera, assai corposa (circa 300 pagine) e curata graficamente da Anna Silvestri, con la copertina che riproduce un’opera di Gaetano Cantone, e strutturata in tre grandi sezioni dedicate a Filosofia e Diritto, Storia, Arte e Letteratura. Curata da Dario Melillo, Dolores Morra, Nicola Sguera e Antonio Vassallo, vede i contributi di Vincenzo Baldini, Nicola Sguera, Vincenzo Casamassima, Dolores Morra, Antonio Conte, Mariavittoria Albini, Amerigo Ciervo, Teresa Simeone, Ilaria Vergineo, Corrado Tesauro e Lorenzo Covino. A chiudere il volume una descrizione de “L’albero della Repubblica”, cartella di grafica in tiratura numerata e firmata di Gaetano Cantone.
Per le sezioni erano presenti la presidente Daria Lepore (Alto Tammaro) e i presidenti Angelo Bosco (CGIL), Erminio Fonzo (Benevento), Antonio Vassallo (Valle Caudina).
Amerigo Ciervo, presidente provinciale ANPI, ha sottolineato che il tempo “nuovo”, inaugurato dalle elezioni di settembre, rende necessario un impegno rinnovato e senza cedimenti, in cui la commemorazione (gli ottanta anni della Resistenza, ad esempio) si faccia essa stessa resistenza contro un fascismo dal volto nuovo. «Parlare di “carico residuale” o esaltare l’umiliazione pedagogica è una forma di fascismo».
Vincenzo Calò, membro della Segreteria nazionale e responsabile dell’area Sud, ha enfatizzato la presenza della parola “sentiero” nel titolo del libro, che ci dà il senso di un percorso di un “venire da” per andare “verso”. Con amarezza ha constatato che le istituzioni (sia italiane che europee, in modalità diverse), che dovrebbero essere argine democratico e repubblicano, hanno «perso la bussola». Elaborando una sorta di “neolingua” orwelliana, i termini vengono sostituiti: il termine “fascista” con “patriota”, il termine “paese” con “nazione” in una cultura diffusa che in maniera martellante ripete: «prima gli italiani». L’ANPI, allora, rivendica l’appartenenza ad una comunità democratica e antifascista contro un razzismo e un classismo striscianti. «Siamo orgogliosi della nostra diversità». Calò ha poi calato l’impegno resistenziale nelle controversie attuali e spiegato perché bisogna opporsi al presidenzialismo, che nega alla radice lo spirito costituzionale, e all’autonomia differenziata, che mette in discussione la solidarietà. Ha chiuso citando Pertini: «Il fascismo non è un’opinione, ma un crimine».
Anche Ciro Raia, Presidente ANPI Napoli e coordinatore regionale, ha ripreso l’immagine del sentiero, rammaricandosi che il presente è così oscuro perché non si sono manutenuti gli argini: il popolo si è atomizzato in individui chiusi nel loro “particulare”. Il Covid avrebbe potuto divenire una possibilità soprattutto per la scuola e la sanità, invece abbiamo assistito ad una spaventosa regressione. E ha rivendicato le scelte dell’ANPI, spesso criticate, in particolare quella pacifista sulla guerra russo-ucraina,
in compagnia di papa Francesco. «Oggi fare resistenza significa essere partigiani dei desideri: di pace, libertà, amore, eguaglianza». Compito dell’ANPI non è ricordare ma costruire una memoria attiva, intrisa di politica (ma senza nessuna tentazione di scendere nell’agone politico: «l’ANPI è più di un partito»), e senza mai smettere di «tentare e sperare», come scriveva Machiavelli. Raia ha chiuso auspicando la realizzazione di un Museo della Quattro giornate, promesso dal Sindaco di Napoli al funerale di Antonio Amoretti, scomparso pochi giorni fa, che dovrebbe allargarsi però a tutta la memoria partigiana campana.
Il prossimo appuntamento dell’Officina, il 20 gennaio, è con il prof. Leonardo Distaso, nell’Auditorium Vergineo del Museo del Sannio, per parlare dell’attualità di Herbert Marcuse, uno dei massimi esponenti della Scuola di Francoforte e del marxismo novecentesco.
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