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Pietrelcina. Eccidio di Kindu: ricordato l’eroe Francesco Paga

13/11/2022
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Nel novembre del 1961 la morte dei tredici aviatori.  Rossi: “abbiamo celebrato la morte del nostro compaesano con i ragazzi della scuola media”. di Lino Santillo

Grande emozione nel paese natale di Padre Pio per il ricordo del sacrificio del pietrelcinese Francesco Paga massacrato a Kindu bel 1961. Ricordiamo che, tredici avieri dell’aeronautica militare italiana furono massacrati dai ribelli dell’armata congolese Pakassa mentre si trovavano in Congo (appena giunto all’indipendenza dalla colonizzazione belga) in missione di pace sotto le insegne dell’Onu. Intanto a Pietrelcina, si è tenuta una manifestazione dei ragazzi della scuola locale per ricordare tale evento del novembre 1961. “Abbiamo celebrato l’anniversario della morte di Francesco Paga – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Domenico Rossi – con i ragazzi della nostra scuola media. Sono ancora in molti a ricordare a Pietrelcina i tragici fatti avvenuti a Kindu, 61 anni fa ed è dunque ancora viva nella nostra comunità la memoria del nostro compaesano. Questo rende ancora maggiori le nostre responsabilità nel mantenere viva quella memoria e trasmetterla intatta alle future generazioni. Di qui l’importanza della collaborazione con la scuola e la gratitudine verso i docenti che hanno guidato i ragazzi nell’elaborare le riflessioni presentate nel corso della manifestazione culturale”. L’eccidio di Kindu (o massacro di Kindu) avvenne l’11 o il 12 novembre 1961 a Kindu, nell’attuale Repubblica Democratica del Congo (al tempo denominata Repubblica del Congo), dove furono trucidati tredici aviatori italiani, facenti parte del contingente dell’Operazione delle Nazioni Unite in Congo inviato a ristabilire l’ordine nello Stato africano durante la crisi del Congo. I tredici militari italiani formavano gli equipaggi dei due C-119 Lyra 5 e Lupo 33, bimotori da trasporto della 46ª Aerobrigata di stanza a Pisa. Il giorno 11 novembre 1961 a Kindu, nella repubblica del Congo, sono trucidati tredici aviatori italiani, facenti parte del contingente dell’Onu in Congo inviato a ristabilire l’ordine nel paese sconvolto dalla guerra civile. I tredici militari italiani formavano gli equipaggi di due C-119 della 46ª Aerobrigata di stanza a Pisa. Gli aerei italiani si dovevano fermare a Kindu solo per il tempo di scaricare e, per gli equipaggi, di mangiare qualcosa. I due C-119 comparirono nel cielo della cittadina poco dopo le 14, e dopo aver fatto alcuni giri sopra l’abitato atterrarono all’aeroporto controllato dai malesi. Da vari giorni in città vi era un’agitazione maggiore del solito: fra i duemila soldati congolesi di Kindu si era sparsa la voce che fosse imminente un lancio di paracadutisti mercenari al soldo del regime di Ciombe, e da tempo le truppe di Gizenga che operavano nel nord del Katanga, 500 chilometri più a sud di Kindu, erano sottoposte a bombardamenti dagli aerei katanghesi. La vista dei due aerei italiani, scambiati per velivoli katanghesi carichi di paracadutisti, scatenò la reazione incontrollata dei soldati di stanza a Kindu: diverse centinaia di congolesi si recarono in camion all’aeroporto dove in quel momento i tredici uomini degli equipaggi italiani, comandati dal maggiore Parmeggiani, si trovavano alla mensa dell’Onu, una villetta distante un chilometro dalla pista, insieme a una decina di ufficiali del presidio malese.vIntorno alle 16,15 i congolesi fecero irruzione nell’edificio, dove italiani e malesi, quasi tutti disarmati, si erano barricati: circa 80 soldati congolesi sopraffecero rapidamente gli occupanti della palazzina e li malmenarono duramente, accanendosi in particolare contro gli italiani scambiati per mercenari belgi al soldo dei katanghesi; il tenente medico Francesco Paolo Remotti tentò di fuggire lanciandosi da una finestra aperta, ma fu rapidamente raggiunto dai congolesi e subito ucciso. Intorno alle 16,30 arrivarono altri 300 miliziani congolesi guidati dal comandante del presidio di Kindu, un certo colonnello Pakassa: il comandante malese, maggiore Maud, tentò inutilmente di convincerlo che gli aviatori erano italiani dell’Onu e alle 16,50 i dodici italiani, costretti a trasportare con loro il corpo di Remotti, furono caricati a forza sui camion e portati in città, per poi essere rinchiusi nella piccola prigione locale. Quella notte, soldati congolesi fecero irruzione nella cella dove erano detenuti i dodici aviatori italiani e li uccisero tutti a colpi di mitra, abbandonati i corpi sul posto, questi furono spostati poche ore dopo dal custode del carcere che, temendone lo scempio, li trasportò con un camion nella foresta fuori città e li seppellì in una fossa comune. I tredici aviatori trucidati a Kindu furono: Equipaggio del C-119 India 6002 (nominativo radio “Lyra 5”). Maggiore pilota Amedeo Parmeggiani, 43 anni, di Bologna, comandante della missione Sottotenente pilota Onorio De Luca, 25 anni, di Treppo Grande (UD) Tenente medico Francesco Paolo Remotti, 29 anni, di Roma Maresciallo motorista Nazzareno Quadrumani, 42 anni, di Montefalco (PG) Sergente maggiore montatore Silvestro Possenti, 40 anni, di Fabriano (AN) Sergente elettromeccanico di bordo Martano Marcacci, 27 anni, di Collesalvetti (LI) Sergente marconista Francesco Paga, 31 anni, di Pietrelcina (Bn) Equipaggio del C-119 India 6049 (nominativo radio “Lyra 33”) Capitano pilota Giorgio Gonelli, 31 anni, di Ferrara Sottotenente pilota Giulio Garbati, 22 anni, di Roma Maresciallo motorista Filippo Di Giovanni, 42 anni, di Palermo Sergente maggiore montatore Nicola Stigliani, 30 anni, di Potenza Sergente maggiore elettromeccanico di bordo Armando Fausto Fabi, 30 anni, di Giuliano di Roma (FR) Sergente maggiore marconista Antonio Mamone, 28 anni, di Isola di Capo Rizzuto (KR). Tra i tredici aviatori, quindi il pietrelcinese, Francesco Paga, 31 anni (sergente marconista).

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