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Cives: costruiamo una città giusta che abbatta i muri delle disuguaglianze

11/12/2020
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Si è svolta nella giornata di ieri, a cura di Cives – Laboratorio di formazione al bene comune, la terza videoconferenza nell’ambito del nuovo ciclo di iniziative “Cives in dialogo” che ha affrontato il tema: “Come organizzare una città innovativa e solidale”.

La discussione è stata introdotta da Ettore Rossi, coordinatore di Cives. Sono intervenuti sul tema Romano Fistola, docente di Tecnica e Pianificazione Urbanistica presso l’Università del Sannio; Rosa Anna La Rocca, docente di Tecnica Urbanistica presso l’Università di Napoli “Federico II” e Raimondo Consolante, architetto.

“La città – ha introdotto Ettore Rossi – può avere un futuro se mette al centro le persone e le relazioni tra di esse perché altrimenti, se si smarrisce la centralità degli uomini e delle donne che la abitano, probabilmente essa perde la sua anima. Facciamo riferimento al concetto di “città giusta”, una città bene comune ed ecologica, come abbiamo anche sottolineato nel manifesto di Cives per una città più coesa, solidale, innovativa e felice. Credo che per costruire una città con queste caratteristiche si debba evitare il rischio di una settorializzazione delle prospettive provando a costruire un’idea integrata di città. Soprattutto c’è il tema di abbattere i muri all’interno della città perché, appunto nell’ottica della giustizia, non vi devono essere troppe diseguaglianze tra ricchi e poveri e tra chi ha opportunità e chi ne è privo”.

Rossi ha concluso: “È interessante anche rievocare il tema della mobilità, incentivando il muoversi a piedi, così come quello di una città che crea un clima favorevole per la creazione d’impresa e per un welfare nuovo. Per fare questo ci vuole un forte protagonismo e capacità d’indirizzo da parte dell’amministrazione locale”.

Romano Fistola, intervenendo in seguito, ha affermato: “Siamo senza dubbio in un momento di passaggio epocale, di forte crisi nel quale, però, possono nascere nuove occasioni di sviluppo. La città è il posto dove si deciderà il futuro dell’umanità quindi è indubbio che si debba lavorare lì per cogliere le nuove opportunità. A tal proposito il concetto di “smart” nelle città non è solo legato alle nuove tecnologie ma al capitale sociale: abbiamo una città smart nel momento in cui i sistemi socio antropici acquisiscono un livello di consapevolezza e di solidarietà reciproca tale da consentire di adottare le nuove tecnologie per sviluppare questo tipo di interazioni”.

“Dobbiamo capire – ha concluso Fistola – che è opportuno andare verso una prospettiva di sviluppo sostenibile e non di crescita. La nostra specie sta creando un peso che sarà difficilissimo da sostenere per le future generazioni, uno sviluppo entropico che sarà difficilmente inseribile nel tessuto urbano. Questo è fondamentale, e la pandemia è solo un effetto, che ci porta a ripensare le città. La particolare condizione di crisi è utile per ripensare al nostro contesto, se non lo facciamo avremo alle spalle solo un’occasione perduta”.

“Innovazione significa soprattutto modificare il proprio approccio e il proprio pensiero” ha esordito Rosa Anna La Rocca. “Parliamo sempre di città come di sistemi complessi ma noi dobbiamo considerare che noi stessi siamo un sistema. Questo vuole dire che gli elementi sono in relazione tra loro. La sfida vera oggi è quella di dare una nuova prospettiva, verso la quale la pianificazione urbanistica deve tendere, intervenire su quelle differenze che la stessa innovazione crea: penso che si debbano ripensare gli approcci, gli strumenti, i modi di utilizzare al meglio le potenzialità che il prodotto dell’innovazione ci offre. Soprattutto oggi dobbiamo essere capaci di rispondere ai bisogni differenti delle varie componenti della popolazione urbana: gli anziani, le giovani coppie, i fuori sede, gli immigrati, i bambini”.

Raimondo Consolante ha aggiunto: “Il tema di come organizzare una città innovativa mi fa molto riflettere soprattutto se lo penso collegato alla nostra città. Penso che la città innovativa parta innanzitutto da un modo di pensare diverso. Ma può esistere una città innovativa se non si riflette sulla forma di una città, sulla sua dimensione o sulla sua identità? A questa domanda è collegato il tema della città solidale che rientra nella definizione di una città relazionale. A tal proposito si dovrebbe riportare al centro della discussione il tema della città pubblica a cui andrebbe collegata una strategia, spesso assente, per lo spazio urbano pubblico”.

“Per quanto riguarda la nostra città – ha detto continuato Consolante – vorrei porre all’attenzione il fatto che Benevento si trova al centro della dorsale appenninica che è anche la spina dorsale del nostro Paese, nonché l’area più sofferente. Questo è un sistema molto variegato, non omogeneo, accomunato dallo spopolamento e da una crisi identitaria conseguente fortissima. Benevento ha bisogno di riflettere in profondità sulla questione dell’identità e del sistema relazionale che la città può e deve avere”.

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