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Se Altrabenevento fosse stata Altraverona, milioni di turisti non avrebbero visitato la città dei famosi amanti.

23/08/2012
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E’ quanto afferma Luigi La Monaca presidente peovinciale di Ekoclub International.

La tragedia di Giulietta Capuleti e Romeo Montecchi, cantata per la prima volta dal vicentino Luigi da Porto nel 1524 e resa immortale, settant’anni più tardi, dalla penna di William Shakespeare, ha trovato a Verona precisi riscontri ambientali. La fantasia popolare, tanto colpita dalla triste storia dei due amanti, ha presto mescolato leggenda e realtà, finendo col riconoscere in antiche costruzioni cittadine i luoghi teatro della vicenda: ecco così la dimora di Romeo, la tomba di Giulietta e, ovviamente, la sua casa, che la tradizione ubica nella metà di Via Cappello più prossima al Foro (e quindi agli spazi del potere), come doveva essere per l’abitazione
di una famiglia importante. Riconosciuta quasi unanimemente dalla critica come una costruzione del XIII secolo, la cosiddetta “casa Capuleti” ha tuttavia assunto l’aspetto che – vandalismi a parte – le riconosciamo solo nei primi decenni del nostro secolo. A trasformarla da anonimo ex-stallo a dimora della sognante Giulietta fu Antonio Avena, il direttore dei musei cittadini che regalò a Verona, con una serie d’operazioni oggi ritenute discutibili, un volto medioevale “scenografico”.

Il restauro della casa di Giulietta (o, per meglio dire, la sua creazione) prese il via attorno al 1935, trent’anni dopo la sua acquisizione da parte del Comune. Già da più di un secolo, tuttavia, la fama della presunta dimora dell’eroina shakespeariana aveva varcato i confini italiani, attirando turisti anche eccellenti. È il caso di Antoine Claude Valéry che, nel suo *Voyages Historiques et Littéraires en Italie, pendant les années 1826-28*, elogia i luoghi di Giulietta e la fortuna di Verona nell’avere idealmente unito la genialità di Dante (forse il primo ad accennare alla rivalità di una famiglia Montecchi con una Cappelletti) e quella di Shakespeare. Ancora nel 1828 è invece il poeta tedesco Heinrich Heine a descrivere la «casa che si cita quale palazzo dei Capuleti, a cagione di un cappello scolpito al di sopra la porta interna. E oggidì – prosegue amaramente – una sordida bettola per i vetturali e i carrettieri, ed un cappello di latta, dipinto in rosso, e tutto bucato, vi è appeso come insegna». Ma la potenza della leggenda vince persino uno spettacolo tanto
squallido: Heine conclude, infatti, commentando che un poeta visita sempre volentieri simili luoghi, pur essendo il primo a ridere della credulità del suo cuore». Anche lo scrittore inglese Charles Dickens visitò i luoghi shakespeariani, restandone assai più deluso. Pure a lui, la casa della romantica eroina si presentò trasformata in un “miserabile albergaccio – annotò nelle sue *Pictures from Italy* del 1846 – dove barrocciai chiassosi e carrette infangate disputano il possesso del cortile, ad un branco di oche tutte sporche di fango; e sulla soglia della porta ansava un cagnaccio con un muso orribile, che senza dubbio se fosse stato sciolto avrebbe Romeo per i polpacci, prima che questi riuscisse a scavalcare il muro». In questo quadro desolante, un unico sollievo: “il cappello, l’antico stemma della famiglia, esisteva ancora scolpito sulla pietra al di sopra dell’ingresso del cortile. Le oche, le carrette, i barrocciai ed il cane, a dire il vero, stonavano alquanto con la storia dei due amanti, e certo sarebbe stato meglio trovar la casa vuota e girar per le stanze
disabitate, ma il cappello era una gran consolazione”

Questa lunga storia, che non ha nulla a che vedere con la casa di San Gennaro a Benevento, è propedeutica per fare chiarezza su una serie di, ennesimi, quesiti che, anche se non richiesti, sono formulati a me e alla mia Associazione.

Ormai, l’attività principale del Presidente Corona, sembra quella di contraddire e cercare il “pelo nell’uovo” nelle cose che dice e fa Ekoclub International in Benevento. Solo per chiarezza e per evitare che iniziative, atte a valorizzare il territorio sannita, possano essere male interpretate, mi corre l’obbligo di affermare quanto segue: Nessuno ha mai asserito con certezza che San Gennaro fosse nato a Benevento, la cosa, però, potrebbe essere probabile e quindi, in mancanza di dati storici, si può pensare quello che si vuole; certi di non poter essere creduti ma, certamente, di non poter nemmeno essere smentiti! Sei anni or sono, ebbi un colloquio telefonico con il sindaco dell’epoca D’Alessandro dove, in maniera molto amichevole, gli dissi che era poco opportuno fare acquistare
la casa, dove si presupponeva fosse vissuto San Gennaro, a gente comune e che l’Ente da lui presieduto avrebbe potuto acquisirla, di tutte le altre faccende, molto più tecniche, io non ne sono mai venuto a conoscenza, anche perché, a differenza di chi si può “impicciare” delle cose che accadono nel Comune di Benevento, io non ho questa opportunità!  Ho avuto il Piacere di conoscere il Dott. Gennaro Iacobelli, proprietario dello stabile di fianco alla (presunta) casa di San Gennaro, il quale, in una lunga discussione, mi
ha raccontato anche dell’interessamento della soprintendenza al restauro di quegli spazi. La cosa che più mi sconvolge, e di questo ne sono rattristato, è che, ogni qual volta si tenta, anche con una sorta di “dolus bonus” di valorizzare Benevento o di fare qualche cosa per risvegliare dal torpore questa cittadina, c’è sempre lo “sciacquachiazze” di turno che, con sistematicità tenta di riportare il capoluogo sannita nella sua perenne sonnolenza acquisita, anche e soprattutto, grazie ad un dominio della chiesa durato 800 anni e, sotto certi aspetti, ancora non terminato. Se il valorizzare quella parte del Triggio, con una storia dedicata al Vescovo San Gennaro di Benevento, potesse far rivivere la città e comportare anche un movimento turistico ed economico, un po’ come è avvenuto a Verona, la cosa non dovrebbe dispiacere a nessuno. A Benevento è giunto il momento di valorizzare l’intero territorio e di far risvegliare un popolo dedito, soprattutto, all’attività impiegatizia.

Il Presidente Provinciale di Ekoclub International Luigi La Monaca.