“Liste d’attesa che diventano infinite, fino a 13 mesi per una risonanza magnetica, servizi e prestazioni sempre meno raggiungibili e cittadini – il 9,5 per cento nel 2013 secondo l’Istat – che rinunciano a curarsi o sono costretti a rivolgersi al privato”.
Il sistema sanitario perde pezzi e in questo contesto la corruzione diventa ancora più odiosa, una voragine che erode ulteriormente fondi per strutture, farmaci e assistenza già colpiti da severe cure dimagranti.
Secondo il rapporto “Curiamo la corruzione”, realizzato da Transparency Italia, Censis, Ispe-Sanità e Rissc, un’azienda sanitaria su tre negli ultimi cinque anni ha registrato al proprio interno fenomeni di tangenti. Quasi l’ottanta per cento dei dirigenti sanitari ritiene che nella propria struttura il rischio sia concreto, soprattutto nel settore degli appalti e delle assunzioni del personale. Nell’ultimo anno la Guardia di Finanza ha accertato frodi nel settore sanitario e della previdenza per oltre 300 milioni di euro, mentre la Corte dei conti ha segnalato che le sentenze di condanna in primo grado del 2015, da sole, hanno raggiunto la cifra di circa 87,7 milioni di euro di danno all’erario.
“Fino a quando la politica si occuperà di sanità e di appalti – osserva Fioravante Bosco, segretario generale aggiunto della Uil Avellino/Benevento – i fenomeni corruttivi sono destinati a non cessare. Vi è bisogno di una legge di riforma del sistema degli appalti e della gestione della sanità che tagli fuori la politica e la riaffidi alle mani esperte di tecnici che siano al di sopra delle parti. Ma il dramma è che la politica non ha alcuna intenzione di togliere le grinfie dalla sanità, perché dovrebbe rinunciare a quella lottizzazione che troppo spesso va a braccetto con la corruzione”.