Per realizzare il libro, sono state consultate le seguenti fonti: Archivio di Stato, Museo del Sannio, Biblioteca ed emeroteca provinciale, Curia arcivescovile, Comune, Provincia e Camera di Commercio di Benevento.
Dal 1943 al 1963, dalla guerra alla libertà, dai tedeschi agli Alleati, dalla dittatura alla democrazia, dal partito unico al Comitato di liberazione nazionale, dai podestà ai sindaci, dalla Monarchia alla Repubblica, dalle tessere annonarie ai supermercati, dalle ghiacciaie ai frigoriferi, dal pane nero alla fettina, dal sublimato corrosivo agli ambulatori pubblici, dalle baracche alle case popolari, dalle macerie al nuovo Piano regolatore, dalle pezze americane ai paltò, dal coprifuoco ai Giochi del Mediterraneo, dai cavalli di Boccardo alla Vespa, dalle carrette a traino alla Fiat Seicento.
Il libro di Bruno Menna (1943-1963. Il Ventennio democratico. Benevento e il Sannio dalla guerra e dalla miseria agli anni del benessere economico, eDimedia) non è una “vecchia storia” ma un “racconto nuovo” di Benevento e della sua provincia nel Ventennio che seguì quello fascista, restituendo il potere di scelta al popolo e consegnando all’intera comunità la facoltà della riscossa civile.
Quale fu il contributo dello Stato, della Chiesa, della politica, dei Comuni, della Provincia, della Camera di Commercio, dell’imprenditoria, dei sindacati, della scuola, dell’associazionismo cattolico e del volontariato laico e soprattutto, dell’intera comunità?
Come fu possibile risorgere dalle macerie, avviando la ricostruzione materiale e morale, nonostante le altre, gravose, calamità del Dopoguerra sannita, alluvioni comprese?
Quanto contò lo sforzo collettivo, in città e nei paesi, per risollevarsi e guardare a un avvenire migliore?
Che ruolo ebbero la solidarietà e la capacità di aiutare chi aveva perso tutto?
Il volume lo racconta in 752 pagine con l’aiuto di documenti inediti e dando la parola ai protagonisti di allora. Perché solo conoscendo a fondo il passato, il presente e il futuro possono diventare patrimonio di tutti.
Cosa accadde tra il 1943 e il 1963, a Benevento e nella sua provincia?
A costo di quali sacrifici, la città e l’intero contesto sannita, il capitale umano e la classe dirigente, seppero uscire dal buio della guerra e dalla miseria, per giungere al fulgore degli anni sessanta?
Quali furono i personaggi che, più degli altri, seppero ispirare la rinascita, morale e materiale, di una terra sconfitta e, più volte, funestata da calamità?
Prova a raccontarlo (con l’aiuto di documenti inediti e dando la parola ai protagonisti di allora) 1943-1963. Il Ventennio democratico. Benevento e il Sannio dalla guerra e dalla miseria agli anni del benessere economico (eDimedia). Un libro di Bruno Menna, incentrato sulle dinamiche istituzionali, politiche ed elettorali del capoluogo, senza, tuttavia, trascurare le altre realtà: dal Fortore all’Alifano, dall’Alto Sannio all’area Titernina e Telesina, dalla cintura collinare alla Valle Caudina; da San Bartolomeo in Galdo a Sant’Agata de’ Goti, da Baselice a Foglianise, da Morcone a Montesarchio, da Colle Sannita a Solopaca, da San Giorgio del Sannio ad Airola, da Pago Veiano a Cerreto Sannita, da San Giorgio la Molara a Melizzano.
Furono – è scritto in premessa – quattro lustri segnati da avversità e ripartenze, ma che passarono velocemente e significativamente.
Non c’è un anno zero, perché il momento più drammatico (l’occupazione tedesca, i bombardamenti e la carneficina della popolazione) non fu causa, ma effetto delle rovine determinate dal conflitto.
E non c’è, probabilmente, neanche un anno particolarmente mirabile, vista la lunga teoria di avvenimenti epocali e conquiste sociali che ebbero eco anche qui, lungo il crinale di un Ventennio carico di bardature novecentesche e lacerazioni ideologiche, ma anche di slanci generosi verso un futuro migliore che ognuno desiderava con forza per sé ma che, con spirito solidale, tentava di plasmare con visione d’assieme.
I punti fondamentali dello storytelling possono essere così elencati: la tenuta dello Stato e il ruolo-guida della Chiesa; l’imbarazzante ma necessario shadowing Alleato; la decantazione del passato per il tramite della defascistizzazione, dell’epurazione e della ricostituzione dei meccanismi della rappresentanza, politica e sindacale; il passaggio dal centralismo corporativo alle logiche di mercato; il coraggio di uscire da una paralizzante condizione di bisogno, abbracciando la modernità e il progresso; l’incedere dell’istruzione diffusa e l’affermazione della Scuola quale elemento, non complementare, di crescita civile; la capacità, infine, di essere, tutti o quasi, protagonisti, e non semplici spettatori, dello sviluppo economico, che, nei primi anni Sessanta, ebbe risvolti inimmaginabili anche lungo le sponde del Sabato e del Calore.
E’ un lavoro rivolto a tutti: a chi quegli anni li ha vissuti e interiorizzati; a chi non c’era e ne ha sentito solo parlare; a chi, ancora oggi, ne vuole sapere di più; a chi crede che condividendo nel social network della memoria il vissuto di nonni e genitori, si possa leggere o meglio interpretare quel che accade ora. Soprattutto a chi è convinto che non bastino un post o un tweet, un ask o un hastag a custodire il patrimonio emozionale di una comunità.
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