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Paupisi, Don Raffaele Pettenuzzo all’ Isia a presentare il libro “I preti operai in Italia”.

06/03/2015
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Ieri pomeriggio a Roma presso la prestigiosa sede dell’ISIA (Istituto del Ministero dell’Istruzione per l’Alta Formazione),la presentazione del libro  dedicato ad una fase della storia del cattolicesimo militante, ma  di particolare interesse in un momento così socialmente difficile come quello che stiamo vivendo oggi.

don raffaele pettenuzzo

i preti operai in italia

Ieri pomeriggio a Roma presso la prestigiosa sede dell’ISIA (Istituto del Ministero dell’Istruzione per l’Alta Formazione),come prima manifestazione della cooperazione tra lo stesso istituto e l’associazione Ancislink, a cura di Ancislink-Mondo Cattolico ha avuto luogo la presentazione di un libro che, seppure dedicato ad una fase della storia del cattolicesimo militante (non solo in Italia) che si potrebbe considerare ormai conclusa almeno nei suoi intendimenti iniziali, risulta di particolare interesse in un momento così socialmente difficile come quello che stiamo vivendo oggi.
Il libro, “I preti operai in Italia”, opera di Marco Sambruna, edito da Intermedia edizioni, ha dato lo spunto a interventi di grande interesse del parroco di Paupisi e teologo don Raffaele Pettenuzzo, dello storico Paolo Acanfora, e del noto blogger Antonio Margheriti Mastino. L’interesse è certamente grande, tanto più che si tratta della prima opera di un certo respiro dedicata all’argomento, nonostante il fenomeno dei P.O. avesse riempito pagine e pagine di giornali del tempo, e fosse stato al centro di polemiche di ogni genere.
Questo tentativo, presso le generazioni giovani di oggi, è però del tutto ignorato, se non da pochi interessati agli sviluppi della dottrina sociale della Chiesa. Eppure ha segnato un momento di grande tormento e riflessione dentro e fuori la Chiesa, nonché dentro e fuori i partiti dell’arco costituzionale di allora.
L’esperienza italiana aveva preso le mosse da quella francese, effettivamente avviatasi durante gli anni della Seconda Guerra mondiale. In particolare, nell’inverno 1941-42 il sacerdote domenicano M.-R. Loew aveva cominciato a lavorare a Marsiglia presso il porto, a fianco degli scaricatori; al di là delle pressioni al lavoro, il vero inferno, per gli scaricatori, era costituito dalle loro condizioni di vita, in abitazioni miserrime e spesso sporche, ed in una promiscuità forzata e inumana. Padre Loew cercò di familiarizzare con loro, di stabilirsi fra loro, di farsi accettare come uno di loro, anche se dopo il lavoro doveva rimettersi il suo abito di domenicano. Gli fu comunque possibile dare vita a piccole e vivaci comunità che venivano ad affiancare la vita delle parrocchie. Al tempo stesso altri sacerdoti francesi – in quei bui anni di guerra – avevano raggiunto volontariamente i campi di concentramento e i campi di lavoro tedeschi per garantire ai deportati un’assistenza spirituale difficile e pericolosa. L’esperienza segnò un momento di grande crisi per alcuni sacerdoti, che con le loro prese di posizione contro la struttura ecclesiastica, spesso accusata di connivenza con la classe governante e di immobilismo politico, finirono con il causare la reazione sia dei vescovi francesi, sia del pontefice, Pio XII (1954). Intanto però l’esperienza dalla Francia era stata esportata altrove, ed era giunta in Italia, dove si era diffusa in particolare in Toscana, Piemonte, Lombardia e Veneto – e solo marginalmente nel Lazio.
Non mi soffermerò sugli aspetti storici dell’esperienza dei preti operai in Italia, né sulle ragioni profonde delle difficoltà da loro incontrate in seno alla Chiesa, perché ambedue questi aspetti risaltano con particolare evidenza dal lavoro di approfondimento che ci propone Sambruna. Dalle pagine del libro, comunque, si evince anche che c’era dissenso anche in seno alle alte gerarchie: da un lato ad esempio ci fu la presa di posizione del Card. Pizzardo, che vietò ai sacerdoti di farsi assumere in fabbrica, mentre il cardinale Michele Pellegrino (del cui impegno sociale è esemplare la lettera pastorale “Camminare Insieme”) si impegnò a fondo accanto ai preti operai favorendo la loro esperienza.
Vorrei invece suggerire soltanto una breve riflessione a titolo introduttivo. La prima risiede nell’attualità di questo tema. Non è un caso che oggi si assista a una ripresa di interesse sulle vicende che hanno accompagnato il formarsi della dottrina sociale della Chiesa – e le vicissitudini dei preti operai hanno sicuramente rappresentato un tentativo di dare una risposta alla responsabilità in senso lato, e quindi anche di tipo etico e non solo spirituale, che il sacerdote ha nei confronti del gregge affidatogli. Tra l’altro proprio ieri sera, a pochi metri dalla sede ISIA, nella vicina chiesa romana dedicata alle Stimmate di San Francesco – sede del centro vocazionale diocesano – ha luogo il terzo incontro dedicato all’approfondimento sulla dottrina sociale della Chiesa e soprattutto sul suo significato attuale per ciascun cristiano. Certo, come anche Sambruna riconosce, la scelta di divenire sacerdote implica sempre e comunque un “andare controcorrente” anche per quanto riguarda i sacerdoti per così dire “tradizionali”: le sue simpatie vanno comunque ai preti operai, in quanto il loro impegno militante accanto alla classe operaia fu frutto di un travaglio interiore accentuato dalla consapevolezza del fatto che l’eventuale risultato dei loro sforzi sarebbe divenuto evidente soltanto nel rispetto dei tempi della Storia, cioè di tempi lunghi che avrebbero necessariamente travalicato la loro esperienza umana. L’ammirazione di Sambruna per questa scelta è tutta riassunta in questa frase: “una scelta così limpida da non essere nemmeno condizionata da una gratifica visibile e palpabile, una scelta che allora assume la fisionomia luminosa di una scelta di Fede totale senza se e senza ma”. Probabilmente sulla predisposizione di Sambruna ha influito il fatto di avere conosciuto direttamente alcuni dei protagonisti di questa vicenda, con i quali ha avuto modo di confrontarsi e parlare in momenti diversi, come si arguisce dal testo e da alcune delle note a piè di pagina. Di sicuro il libro non ci si presenta come un saggio storico con pretese di neutralità rispetto all’argomento trattato; proprio per questo, quando si termina di leggere il libro, si ha l’impressione di avere incontrato di persona don Carlo Carlevaris e don Sirio Politi, don Cesare Sommariva e don Luisito Bianchi.
Infatti nel libro non solo sono riportati ampi stralci di documenti anche inediti scritti soprattutto nel periodo più “caldo” dell’esperienza dei preti operai italiani, ma anche brani di interviste e colloqui da cui emerge la sincera volontà di esprimere una via rinnovata ai fini di una evangelizzazione vissuta più a contatto con i poveri e i diseredati, nel senso di una riscoperta della portata “rivoluzionaria” del messaggio di Cristo. Inevitabili le inclinazioni a sinistra, che rendevano palpabili i timori di una “scivolata” verso il comunismo.
A chiusura del libro, Sambruna ricorda come oggi esistano movimenti diversi da quello dei Preti Operai – da “Pax Christi” a “Noi siamo Chiesa”, tanto per citare i più famosi – che hanno ereditato l’impegno su alcune delle tematiche che stavano a cuore dei Preti Operai. È una possibile interpretazione della militanza che costituisce un dovere sociale e politico per ogni cristiano degno di questo nome. Il cristiano – e quindi anche il sacerdote – ha dunque il diritto/dovere di partecipare alle scelte politiche della società in cui vive, in cui testimoniare con l’impegno concreto il significato di riconoscersi Figli di Dio. Tutto questo, però, deve avvenire nel rispetto di quella Verità che, per sua stessa natura, non può essere oggetto di mode, ma deve riflettere l’autenticità del messaggio di Cristo.

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