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Elaborazione Uil sui dati relativi alle comunicazioni obbligatorie

08/08/2014
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L’occupazione (dipendente e non) si assesta, secondo le stime Istat, intorno ai 22 milioni di persone (22.398.000). Dato, come drammaticamente noto, in calo e che ha provocato la perdita di circa 1 milione di posti di lavoro.

Il dato, tra l’altro, è quasi in perfetta corrispondenza con la bassa crescita economica del Paese. Ma occorre capire come si arriva al macro numero: ci aiuta a comprendere il percorso che ha portato a questo risultato la lettura dinamica dei dati delle imprese italiane, che nonostante la crisi, avviano al lavoro le persone. Infatti, dal 2008, tutte le imprese devono comunicare, al momento dall’inizio di un rapporto di lavoro, le generalità della persona impiegata e il tipo di lavoro (stessa cosa per il termine del lavoro).

Due numeri innanzitutto: nel 2008, anno ancora non completamente investito dalla più grande e lunga crisi economica che ha colpito il Paese, per quasi 11 milioni di volte le aziende hanno avviato al lavoro una persona; nel 2013 ciò è avvenuto in 9 milioni di occasioni. Non si tratta di singole persone, ma di comunicazioni, poiché uno stesso lavoratore può essere avviato più volte nello stesso anno (specialmente con i lavori a termine). Quindi il crollo si misura anche attraverso questi dati.

C’è, ovviamente, anche la questione della qualità degli avviamenti e se il “meno lavoro” che viene richiesto abbia un’intrinseca qualità in termini di stabilità e continuità (contratti a tempo indeterminato e apprendistato). Purtroppo, al contrario, come prevedibile, nel calo generale degli avviamenti cresce, in termini percentuali, l’incidenza del lavoro temporaneo: si passa dal 72,7% del 2008 all’80,9% del 2013.

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