“Apprendiamo con grande rammarico che la Corte di giustizia Ue ha condannato l’Italia per non aver adottato le misure necessarie per garantire un adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro” scivono dal sindacato Uil.
La Uil, il sindacato dei cittadini, aveva ripetutamente sollecitato le istituzioni, affinché adottassero misure volte all’inserimento lavorativo dei disabili, così come previsto dalla direttiva varata alla fine del 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro”, questo il pensiero di Fioravante Bosco, segretario generale della Uil sannita. “E’ impensabile – conclude il segretario confederale della Uil – che il nostro Paese non riconosca e tuteli chi maggiormente necessita di ascolto e supporto. Insomma, con la legge n. 68 del 1999 non vi è alcuna garanzia di impiego per i disabili. Quando si parla di disoccupati non ci sono quelli di serie A e di serie B. E’ necessario il rispetto dell’art. 1 della Costituzione italiana anche per le persone portatrici di handicap”.
I principi Ue in materia di diritto al lavoro per le persone disabili non sono stati applicati in maniera adeguata dall’Italia. E’ quanto ha stabilito ieri la Corte di giustizia dell’Unione Europea nella sentenza che ha condannato il nostro paese per non aver adottato le misure necessarie per garantire un adeguato inserimento professionale dei disabili nel mondo del lavoro. In particolare, le norme in vigore riguardano solo alcune categorie di disabili. Esse si differenziano tra datori di lavoro pubblici e private e non coprono tutti i diversi aspetti del rapporto di lavoro. Sono, insomma, parziali e insufficienti. La condanna conferma l’impianto accusatorio dei giudici europei, che hanno accolto i rilievi mossi dalla Commissione Ue nella procedura d’infrazione, conclusasi con il deferimento alla Corte di giustizia. Peraltro – aveva sottolineato l’esecutivo di Bruxelles – l’attuazione dei provvedimenti legislativi italiani è affidata all’adozione di misure ulteriori da parte delle autorità locali o alla conclusione di apposite convenzioni tra queste e i datori di lavoro e, quindi, non conferirebbe ai disabili diritti azionabili direttamente in giudizio. La Corte ha ora stabilito che gli Stati membri devono prevedere l’obbligo, per i datori di lavoro, di adottare provvedimenti efficaci e pratici per consentire ai disabili di accedere a un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione, senza tuttavia imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato. Se l’Italia non si adeguerà, la Commissione potrebbe avviare una nuova procedura di infrazione, che potrebbe concludersi con pesanti multe. Si tratta di un risultato positivo per quanti si erano battuti da tempo per tutelare i diritti dei lavoratori disabili. Tra questi le organizzazioni sindacali che avevano richiesto una serie di normative per garantire l’avviamento al lavoro dei portatori di handicap.