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Diocesi di Benevento: Più giovani famiglie

18/03/2013
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Una mano e una scheda. La mano per simboleggiare “l’impegno del singolo, che cosa posso fare con le mie mani perché nascano più giovani famiglie”, nella convinzione che “chiunque può fare qualcosa”. La scheda, invece, per scrivere “una richiesta e al tempo stesso una proposta alla Chiesa, al governo nazionale e a quelli locali per avere più famiglie nel 2014”.

 

Seminario Nazionale “Più giovani famiglie, più futuro per il Paese”

 Da questa sollecitazione è partito, sabato a Benevento, il seminario nazionale “Più giovani famiglie, più futuro per il Paese”, promosso dall’Arcidiocesi (con gli Uffici per i problemi sociali e il lavoro e per la pastorale familiare) e dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani. A lanciare la provocazione, in apertura dei lavori, Sergio Gatti, membro del Comitato, che ha fatto distribuire ai presenti i due simboli – la mano di carta e la scheda – nella convinzione che, nel promuovere la nascita di nuove famiglie, “c’è da fare per tutti”.

No al pessimismo. L’appuntamento sannita si pone in vista della prossima Settimana Sociale (Torino, 12-15 settembre 2013), che avrà a tema proprio la famiglia. E se “in questi anni sembra che la famiglia abbia perso terreno”, ha ricordato nel saluto iniziale monsignor Andrea Mugione, arcivescovo di Benevento, è perché perdura una “scarsa attenzione da parte delle istituzioni pubbliche”. Ma “la crisi della società che stiamo vivendo – ha aggiunto – è aggravata dalla stessa crisi della famiglia”. Tuttavia, l’invito del presule è di non “abbandonarci al pessimismo, ma ritrovare le radici”, che risiedono “nell’amore, in una maggiore attenzione alle relazioni interpersonali contrapposta all’individualismo, nel senso di responsabilità, nell’uguaglianza tra uomo e donna”. Parlare di “giovani famiglie”, ha precisato Ettore Rossi, direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, è il frutto di una “bella collaborazione” tra gli uffici della diocesi, laddove “la scelta pastorale a favore dei giovani” si coniuga con “un impegno per la promozione e animazione delle famiglie”.

Le ragioni della famiglia. A ripercorrere il percorso e le ragioni che hanno portato al tema della prossima Settimana Sociale è stato il presidente del Comitato, monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari. Le origini stanno nella Settimana Sociale del 2007, a cent’anni dalla prima edizione. Da allora il filo conduttore è “rimettere a fuoco – ha spiegato l’arcivescovo – il concetto di bene comune”: dopo averlo enunciato esplicitamente nel 2007, a Reggio Calabria (2010) è stato “declinato su alcuni punti fondamentali per il nostro Paese, da cui ha preso forma l’idea di un’agenda di speranza”. Da questo cammino viene pure la “prospettiva specifica” della prossima edizione, per “dire in modo chiaro e far comprendere le ragioni della famiglia”. E “se nei cinque punti dell’agenda di Reggio Calabria il tema famiglia non compare, è perché è presente trasversalmente in tutti”. Quella di Torino, ha rimarcato il presule, sarà una “sfida laica, perché si tratta di riuscire a dire e far comprendere che sostenere la famiglia è un pilastro per il bene comune del Paese e non una bandiera confessionale”. Ma pure “una sfida di carattere civile, dal momento che il sostegno alla famiglia e il suo primato garantiscono una società civile più articolata e carica di energie”.

Dall’analisi alle buone prassi. Nel corso del seminario si è partiti dai dati e dalle analisi accademiche per poi giungere a raccontare “le buoni prassi nel territorio promosse da giovani famiglie”. Carla Collicelli, vicedirettore generale del Censis, parlando del “desiderio di famiglia” è partita dall’immagine che il suo istituto di ricerca ha dato della società italiana nell’ultimo decennio: una “società densa ma frammentata”, con “egoismo autoreferenziale”, “indebolimento dei legami”, “verticalizzazione del potere” e “perdita della fiducia nella politica e nelle istituzioni”. A causa della crisi, poi, si sono moltiplicate le paure: di avere in futuro un tenore di vita più modesto (71,1%), di non farcela a pagare spese mediche e cure (62,2%), di perdere i risparmi (60,5%) o non riuscire a far fronte alle rate del mutuo per la casa (44,5%).

Sono in crisi pure le “reti di aiuto informale”, quale la parentela, sempre più “stretta e lunga”, in cui diminuiscono le famiglie aiutate e, all’aiuto diretto, si sostituisce quello economico (ad esempio di genitori e nonni che pagano le spese di figli e nipoti). Il suggerimento, per la ricercatrice, è “rafforzare i fattori di coesione sociale”, partendo proprio dal sostegno alle famiglie con figli. Tesi condivisa dall’economista Luigi Campiglio, per il quale “la famiglia ha un ruolo certamente centrale nella vita sociale”: finora è stata “decisiva nel tenere in piedi economicamente il Paese”, ma ormai – da sola – non ce la fa più, pertanto “bisogna fare qualcosa”. “La società – ha rimarcato, da parte sua, il demografo Alessandro Rosina – dovrebbe prendere a cuore e aiutare i giovani a gestire con successo le tappe verso la vita adulta”, poiché abbandonare le generazioni a se stesse ha “conseguenze negative a livello micro e macroeconomico”: alla fine a rimetterci è tutto il Paese, che “così facendo compromette il proprio futuro”.

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