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L’Ipogeo del Duomo, uno scrigno prezioso che viene dal passato. Leggi la storia e guarda le foto.

19/12/2012
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La storia di Benevento e dei suoi insiedamenti trova nell’ipogeo del Duomo, una mappa preziosissima che ci parla dei nostri avi.

Scrive l’arch. Francesco Bove :“La Cattedrale di Benevento, riedificata negli anni cinquanta del Novecento dopo essere stata, come è noto, distrutta da un micidiale attacco aereo nel settembre del 1943, è stata interessata, a partire dall’anno 2005, da estese indagini archeologiche.

Lo scavo, condotto con l’alta sorveglianza del MiBAC (Ministero per i Beni e le Attività Culturali) e con la direzione scientifica della dott.ssa Luigina Tomay, responsabile di zona della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, si è concluso nel 2011.

La complessa ricerca è stata effettuata dagli archeologi della coop. Sosandra in condizioni molto difficili perché l’area oggetto della ricerca era stata in gran parte alterata dai lavori di ricostruzione post bellici e perché plinti e travi di fondazione del tempio, in cemento armato, sono risultati in parte sovrapposti alle murature antecedenti e, in parte, profondamente affondati nei substrati. Ciò non ha impedito di raccogliere dati di notevole interesse storico-culturale e di indubbia originalità.

Tra i risultati di maggiore rilievo c’è la conferma delle ipotesi che ritenevano il primo complesso episcopale, comprendente il tempio dedicato alla “Dei Genitrix”, costruito nel V secolo d.C. e sostanzialmente coevo alle più importanti architetture paleocristiane della nostra penisola. Viene così definitivamente archiviata la tesi della fondazione longobarda della Cattedrale, sostenuta dagli eruditi settecenteschi beneventani, e trova piena dimostrazione l’antichità, nonché la rilevanza culturale e politica della comunità cristiana locale, prima ancora della caduta dell’impero romano di occidente. Ma ciò che è apparso più sorprendente è la scoperta di quanto preesisteva alla cattedrale tardoantica.

Essa, infatti, fu edificata sull’area che era stata occupata in età romano-imperiale da un edificio pubblico, probabilmente un mercato (macellum) e prima ancora da un vero e proprio tessuto abitativo, che faceva parte della fondazione della colonia latina del III secolo a.C., il quale, a sua volta, si era sovrapposto ad una struttura in blocchi di tufo di età sannitica circondata da pozzi e verosimilmente destinata al culto di una sconosciuta divinità.

Questa sequenza di fasi insediative era stata preceduta, comunque, da periodi di frequentazione risalenti alla preistoria e all’età del bronzo. Al di sotto del pavimento del duomo, ad esempio, nei vari livelli di terreno sedimentatisi nel tempo, sono stati recuperati numerosi frammenti di ceramica e di selce riferibili ad un ampio arco cronologico compreso tra il Neolitico Antico (VIV millennio a.C.) ed il Bronzo Antico (2300-1700 a.C.).

Sulla base di ulteriori elementi è stato possibile ipotizzare, relativamente a tale intervallo temporale, la presenza di capanne fatte di strutture lignee, graticci di canne e argilla, una tecnica costruttiva di lontanissima origine conservatasi fino ad età sannitica. Di un impianto urbanistico vero e proprio si può parlare, tuttavia, solo dal momento in cui si procede alla fondazione della colonia latina, vale a dire nella prima metà del III secolo a. C. in età romano-repubblicana. Questa diffusa realizzazione di piccole abitazioni (due vani ed un minuscolo annesso) con la relativa rete viaria, per quanto si riveli approssimativa sul piano ingegneristico e qualitativo, avvenne, nel caso del sito dove sorgerà in seguito la Cattedrale, in modo sostanzialmente sistematico occupando un’area pubblica riservata in età sannitica a pratiche religiose, che si estendeva fino ad includere lo spazio dell’attuale piazza Orsini e che aveva come punto di riferimento l’edificio in muratura di tufo, di cui innanzi si accennava.

Tra i materiali utilizzati in quella circostanza sono state rinvenute delle piastrelle in cotto che al centro presentano un delfino a rilievo e lungo il perimetro un nastrino sottosquadro. Dovevano in origine far parte del soffitto dell’edificio sannitico e furono poi impiegate nelle abitazioni dei coloni romani come fondo di vasche di ridotte dimensioni.

Questo insieme di ritrovamenti forniscono un deciso contributo alla messa a fuoco del processo di formazione dell’abitato antico beneventano che si rivela più articolato di quello fin qui ipotizzato, almeno nelle modalità e nella successione dei vari impianti. Alcuni, infatti, avevano indicato l’area di Cellarulo come il punto di avvio della romanizzazione e come l’originario sito della iniziale lottizzazione destinata alla deduzione coloniale. I risultati delle indagini archeologiche appena ricordate inducono a preferire una visione più complessa del problema.

L’operazione compiuta dai conquistatori romani rispetto alla comunità o alle comunità già stanziate sarebbe stata meno rigidamente strutturata nella forma, ma più invasiva e radicale nella sostanza e avrebbe portato all’occupazione di alcune parti di rilevanza nodale utilizzate dall’insediamento sannitico, per quanto discontinuo o debolmente urbano esso fosse. Il vero momento della trasformazione di Benevento fu, comunque, quello avviato nella seconda metà del I sec. a.C. In questa fase avvenne la trasformazione di Benevento in città evoluta sotto il profilo urbanistico, economico e monumentale.

Il sito dove sorgerà poi la cattedrale mostra di esser stato parte di un ampio programma di ristrutturazione che, nel caso di cui ci si occupa, produsse l’innalzamento degli antecedenti piani di frequentazione mediante rilevati di terra e di materiali di demolizione e mediante muri di sostegno del nuovo terrazzamento. Ciò comportò la distruzione ed il ricoprimento delle preesistenti abitazioni. L’intervento, come si è accennato, può essere inquadrato in un’opera generale di ripianificazione dell’intera superficie insediativa.

Fu un autentico e oneroso artificio di ingegneria, un enorme sforzo costruttivo, così ben riuscito da far credere ai posteri che tutto fosse conseguenza della favorevole predisposizione naturale della collina su cui si è insediata la nostra comunità cittadina. Il percorso museale ipogeo dimostra, invece, concretamente la portata di questa straordinaria invenzione urbanistica romana con le sue implicazioni di carattere storico e tecnico più generali.

L’allestimento museografico  con la cura posta nella definizione del suo apparato espositivo, fatto di pannelli didattici, di vetrine contenenti i numerosi oggetti ritrovati, di immagini fotografiche, di ricostruzioni virtuali degli assetti del passato e arricchito da sussidi informatici consente al visitatore un viaggio vertiginoso a ritroso davvero unico e innovativo che, si spera, costituirà per il futuro un forte motivo di attrazione per gli appassionati di beni culturali. “.

 Per poter visitare l’Ipogeo, la prenotazione è obbligatoria e va fatta presso l’Ufficio diocesano per la Cultura e i Beni culturali, aperto dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 13.00, di persona o per telefono ai numeri: 0824/323345; 0824/323349; 328/6131890.
Il gruppo di visitatori dovrà essere composto da un massimo di 10 persone e dovrà essere sempre accompagnato dal personale dell’Ufficio diocesano per la Cultura e i Beni culturali.
La visita sarà effettua nei giorni di martedì, mercoledì, venerdì e sabato, dalle ore 9.00 alle 12.00 e dalle ore 16.00 alle 19.00. L’ingresso è gratuito, anche se è possibile effettuare un’offerta libera quale contributo alle spese di gestione.

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