É stata la settimana del congresso di EAVP che ha fatto di Benevento e Pietraroja le capitali europee della paleontologia, ma non si può che ripartire dall’inizio. Insomma, il senso di questa presenza è concentrato proprio dalla scoperta dello Scipionyx samniticus e per tutti è impossibile non ripartire dalla persona che lo ha scoperto. “Non era uno studioso – lo ha presentato così ad un’aula piena di ascoltatori Gennaro Santamaria, presidente dell’Ente Geopaleontologico di Pietraroja – ma un amatore, un appassionato di fossili, Giovanni Todesco. Fu lui che il 22 novembre 1980 (il giorno prima del terremoto dell’Irpinia) raccolse questo fossile”. Giovanni Todesco non c’è più, la sua è una storia tormentata con sospetti e accuse di aver trafugato un bene, ma per fortuna una storia a lieto fine, perché gli è stato riconosciuto di essere il “salvatore” dello Scipionyx. Giovanni Todesco non c’è ma c’è sua figlia Valeria accolta da tutti con un grande applauso dopo la proiezione di un video di omaggio al padre. “Mio padre – ha raccontato commossa – aveva una passione profondissima per i fossili, coltivata insieme a mia madre e noi due, che eravamo ragazzini piccolissimi che venivano introdotti a questo mondo. Ricordo una infanzia passata a spaccare pietre per cercare fossili magari delle semplici foglioline che ci riempivano di orgoglio. “Poi, quando nel 1980 mio padre fu trasferito a Mercogliano, in provincia di Avellino, continuando a cercare stavolta a Pietraroja. Cercavamo pietre, spesso strappandole a quelle destinate a essere distrutte per farne da base a una strada. Era il 22 novembre quando ritrovammo questa pietra che ci appariva così promettente, la portammo a casa. Il giorno dopo ci fu il terremoto e fummo costretti a lasciare Mercogliano, ma non dimenticammo di prendere quel fossile che non avevamo ancora compreso. Solo anni dopo abbiamo iniziato a ripulirlo armati di spazzolini e di aghi da cucito e solo allora capimmo di non aver mai visto un simile fossile. Mio padre lo portò al professore Ferruzzi, un amico di famiglia. Da lì è partita l’avventura di Ciro. “Mio padre – conclude Valeria riprendendo le parole di Dal Sasso che ha dedicato anni di studi allo Scipionyx – era un uomo onesto e appassionato di paleontologia, quando si comprese che si era davanti a uno straordinario ritrovamento, decise che doveva restare in Italia ed essere esposto in un museo. Così lo regalò alla Soprintendenza e impiegò anni ad andare nelle scuole per parlarne ai ragazzi. Era convito che Ciro non appartenesse a nessuno ma fosse un patrimonio di tutta l’umanità”.
Non si poteva lasciare questa settimana di lavori senza che l’Ente Geopaleontologico di Pietraroja – co-organizzatore con EAVP del congresso – ponesse le basi per il futuro delle sue attività. A chiudere infatti è stato una lunga e appassionata tavola rotonda che è stata anche l’occasione di un primo bilancio. “Il bilancio – ha detto Gennaro Santamaria, presidente dell’Ente – non può che essere positivo: dopo i rinvii dovuti all’emergenza Covid, avere qui in presenza 150 studiosi è stata una esperienza entusiasmante, la scelta di Benevento da parte di EAVP ha confermato la ricchezza e il tesoro del Geosito di Pietraroja e dei suoi fossili. Il Geosito dal 1.700 sta restituendo reperti di grandissimo valore, ma la scoperta dello Scipionyx samniticus ha cambiato tutto.
E l’incontro conclusivo è stata una occasione per discutere su cosa deve essere il Parco di Pietraroja, che è un unicum. La sua unicità è una sfida sia sul terreno operativo che si quello normativo. E di questo si sono occupati i relatori:
“Pietraroja è un monumento incredibile dice Antonello Bartiromo, paleontologo e membro degli organismi scientifico-amministrativi dell’Ente – ce lo racconta anche un grande studioso dell’Ottocento come Oronzo Gabriele Costa, che a Pietraroja ha investito tanti dei suoi studi. La cosa straordinaria è il fatto che qui vi sono rocce stratificate che vanno da 110 milioni di anni fa a 10 milioni di anni fa accostati come se non ci fossero 100 milioni di anni. Un’area di grande ricchezza geologica con miniere di carbone e bauxite. Qui generazioni di studiosi hanno lavorato tra mille difficoltà. Pietraroja non è solo un “paradiso” dei paleontologi ma il luogo dove si può comprendere l’ecosistema del passato che ha molto da dirci su quello che sta avvenendo oggi.
E Pietraroja non è solo quello che è stato trovato, ma soprattutto quello che potrà essere trovato”
Ornella Amore, docente di Unisannio, si è soffermata sul significato e sulle potenzialità del patrimonio paleontologico. “La parola patrimonio viene dalla parola pater e dalla parola munus, ovvero dai doveri del padre, e indica come tutte le cose che appartengono al padre devono essere lasciate ai figli. É dovere della nostra generazione aver cura di questo patrimonio e di lasciarlo intatto alle generazioni che verranno. Il patrimonio paleontologico è estremamente complesso e ricco e prevede interventi di restauro del tutto diversi da quelli archeologici, è un terreno nel quale le soprintendenze non hanno professionalità per questo, questa mancanza va colmata. Anche perché invece la paleontologia qui può diventare motore di uno sviluppo sostenibile promuovendo attività di tipo esperienziale, insomma visite non passive ma coinvolgenti (storytelling, video, museo virtuale con la realtà aumentata) sia sul sito ma anche all’interno del PaleoLab”.
Sulle questioni di tipo normativo si è soffermato Pierpaolo Forte, docente di diritto amministrativo Unisannio, del Cda di Pompei, amministratore del MADRE, che ha notato come “il patrimonio culturale per come lo concepiamo e scritto nelle nostre norme è concepito non come quello che fosse bello (come si pensava in passato e nella tradizione crociana) ma ciò che reca testimonianza di un certo momento della civiltà umana. Una visione assai larga e anche beni immateriali. Ma dentro ad un testo così fatto non riusciamo a collocare con facilità i ritrovamenti paleontologici. Ne comprendiamo il fatto che sono preziosi, tuttavia, non riusciamo a collocarcelo dentro perché quel testo guarda solo all’opera dell’uomo. Questo “equivoco” ha fatto in modo che la paleontologia sia all’interno dei Beni culturali a similitudine dell’archeologia. Questo spiega la vicinanza ma anche la necessità di differenziare la paleontologia dall’archeologia. Quel concetto di Bene culturale ci sta stretto”. A questo si è ricollegato Lorenzo Rook, dell’università di Firenze e della Società italiana di Paleontologia, ricordando come da tempo sia aperto un tavolo al Ministero della cultura perché i beni paleontologici ricadono sotto la sua sorveglianza ma non c’è neppure un paleontologo tra i funzionari del Ministero. “Ora abbiamo fatto qualche passo in avanti e nelle prossime assunzioni ci è stato assicurato troveranno spazio anche dei paleontologi. Ma questo è solo una parte del problema, quella più grande. Nell’interazione avuta con l’Ente stiamo lavorando a molte attività sul territorio. In fondo l’Ente deve diventare un caso di studio per la sua unicità e per la sa potenzialità e ci può aiutare a definire un nuovo concetto di che cosa sono i geositi, una definizione forse più larga, meno vincolata rispetto ai siti archeologici. Conservare un sito come Pietraroja non vuol dire imbalsamare la situazione ma creare un percorso di conoscenza e consapevolezza che vada incontro ad una crescita sostenibile, inclusiva arrivare al concetto di “paleontologia pubblica”
Tra gli interventi anche quello di Gerardo Marucci, responsabile ufficio di Benevento della soprintendenza di Benevento-Caserta che ha ricordato la positiva collaborazione con l’Ente di cui il convegno di questi giorni è stata testimonianza, mentre a nome della Regione Campania Luciano Ragazzi, direttore del progetto per l’Ecosistema digitale per la cultura ha ricordato come “all’interno di questo “ecosistema” abbiamo realizzato un portale immersivo che mette in comune tutti i dati. Abbiamo fatto di Ciro uno dei nostri testimonial lavorando ad un modello in 3D del fossile, mettendolo a disposizione di tutti collaborando anche con l’Università di Chicago.”
Infine, i rappresenti parlamentari del territorio che hanno chiuso il dibattito. La senatrice Sabrina Ricciardi ha ricordato la possibilità (ma anche la complessità) di accedere ai fondi europei che hanno al loro interno le risorse indispensabili a promuovere questi territori e ha indicato anche alcune strade che si sono riaperte per accedere a fondi nazionali troppo a lungo “immobilizzati” e oggi di nuovo attivi. Nell’intervento di chiusura la senatrice Alessandra Lonardo (che a lungo è stata consigliere della Regione Campania) definisce “Pietraroja uno scrigno di paleodiversità ad altissima definizione. Ciro, con un museo strepitoso può tornare a casa sua e permettere di far conoscere questo patrimonio nel mondo. Dalla Regione – ha aggiunto citando anche gli impegni dell’attuale assessore al Turismo della Campania – stanno arrivando risorse significative per lo sviluppo del turismo a Pietraroja di cui il museo geopaleontologico sarà un motore decisivo. Ciro deve tornare a casa ma deve trovare le condizioni adatte per accoglierlo. Ciro può diventare il centro di questo progetto. Certo non da solo ma insieme a tutte le eccellenze di questo territorio nel settore agroalimentare come in quello artigianale”.
Per rivedere l’intera discussione della tavola rotonda e tutti gli interventi (conservati sulla pagina Facebook dell’Ente) cliccate qui: https: //www.facebook.com/109294335132564/videos/1681304995569751
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