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Presentato il libro : “La pena di morte in Italia” al L@p Asilo 31

13/10/2012
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Si è tenuta giovedì 11 ottobre,  presso il L@p Asilo 31 di Benevento ,  la presentazione del libro “La pena di morte in Italia” di Samanta Di Persio.

In un intervista esclusiva l’autrice ci ha raccontato di provenire dall’Aquila, di aver vissuto il terremoto e di essere già stata qui a Benevento nel mese di Marzo. Alla domanda sul perchè e le motivazioni che l’hanno portata a scrivere questo libro,  Di Persio così risponde : “Avevo saputo del caso di un ragazzo morto in un carcere, ho incontrato la madre la quale era convinta che il figlio fosse innocente. Era stata portato in carcere per presunta frode informatica.

L’autrice continua a spiegare le motivazioni – “Non si tratta di casi isolati, basti pensare all’abuso di potere su quel ragazzo di 10 anni che ha fatto scalpore per essere stato letteralmente tirato dagli agenti, qualcosa nella nostra società non funziona. Il cittadino spero rifletta attraverso i documenti. Il libro può servire a chi non parla, per chi ha paura a denunciare”.

Ebbene si il libro è molto attuale e riporta le vicende di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi, morti in circostanze oscure dopo l’arresto da parte delle forze dell’ordine,  di Nichi, il figlio  di Ornella Gemini accusato di frode informatica che  viene portato a Solicciano nel carcere di massima sicurezza, viene ritrovato morto con un livido a forma di cerchietto sul braccio e non vengono effettuati  gli esami tossicologici, di Katiusha Favero, affetta da disturbo borderline gravemente violentata in un O.P.G. e Riccardo Rasman, affetto da schizofrenia paranoica letteralmente picchiato a sangue e legato con filo di ferro.

Sono molti i nomi carichi di interrogativi e che sapientemente ci fa rivivere Samanta di Persio attraverso i  verbali e le testimonianze dei familiari. Di Persio fa il punto sulle indagini in corso e denuncia il silenzio delle istituzioni, istituzioni sempre più corrotte e malsane, dice la Di Persio – che per complicità e per non  essere scoperte occultano i dettagli, le informazioni.

Com ‘è  accaduto ad un’altra donna che ieri sera sedeva a quel tavolo, una donna ormai isterilita da qualunque cosa, in cerca solo della verità che può aiutarla a sopravvivere e portare avanti 3 figlie.

Il caso di Mariella Zotti è ancora più assurdo, rimasta vedova di Vito Daniele dal 2008. Mariella sono 4 anni che lotta contro le istituzioni, che cerca di parlare, che fa indagini per conto suo. Quel giorno del 2008 il marito come ogni venerdì tornava dal lavoro da Roma per recarsi a Bari dalla propria famiglia con i panni sporchi in macchina, con le foto delle figlie all’interno della sua automobile, quando ad un tratto sull’autostrada  Napoli- Bari, nel tratto che collega Avellino con Benevento, tra una curva pericolosa e una galleria una pattuglia della Guardia di Finanza gli intima di fermarsi e Vito Daniele  dovette fermarsi in una piccola corsia di emergenza .  Purtroppo però  in quel momento sopraggiungeva un furgone che lo ha travolto. L’ultimo contatto tra i coniugi avvenuto telefonicamente ci era stato alle ore 13,00. Inaspettaramente alle ore 16,00 la sig.ra Zotti moglie del Daniele, riceve la visita degli agenti che senza mostrare alcuna umanità o tatto , riferisce la donna, le comunicano brutalmente che il marito era deceduto.

Da allora la donna non si è mai fermata nella sua ricerca della verità, perchè non sono mai state date prove sicure e certe dell’accaduto. C’ è sempre stato qualcosa che modificava  le testimonianze precedenti degli agenti. La donna è stata anche a “Mi manda Rai 3″,  ha chiesto anche ad altre trasmissioni di parlare ma non l’è stata data voce. Il suo messaggio è chiaro :  vuole che la Procura le dica come si sono svolti veramente i fatti, senza omissioni senza occultazioni di ogni tipo, solo cosi riuscirà a porre un freno a tutte quelle domande che le affollano la mente, come lei stessa ha affermato :”Quando si perde una persona, come in questo caso un marito, ti senti mutilata”.

Non bastano il sovraffollamento, l’inadeguata assistenza psicologica e sanitaria e gli abusi di poteri a spiegare queste storie – gridano a due voci la Di Persio e la Zotti – perchè spesso sono proprio le forze dell’ordine a macchiarsi di omissione di soccorso, abusi e violenze contro i detenuti o semplicemente contro  persone normali, come nel caso di Vito Daniele, che non aveva precedenti penali, e che avrebbero dovuto  proteggere e rieducare. Crimini che restano quasi sempre impuniti, grazie a una rete di silenzi e depistaggi.
All’evento, oltre alla presenza  dell ‘autrice  del libro Samanta Di Persio e di Mariella Zotti, moglie di Vito Daniele, c’era anche Elisabetta Landi, ricercatrice di storia orale, ha moderato l’incontro.

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