sabato 20 Aprile 2024 Il Magnifico Visbaal Teatro presenta:“Concedimi di diventare niente” di e con Peppe Fonzo. | infosannionews.it sabato 20 Aprile 2024
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Il Magnifico Visbaal Teatro presenta:“Concedimi di diventare niente” di e con Peppe Fonzo.

18/03/2019
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L’appuntamento è per il 22 e il 23 marzo alle ore 21:00 allo spzio culturale in vico Fimbrio – Rione Triggio.
Prenotazioni ai numeri 333 6304056 3312232691

“In scena l’attore, nudo, che non interpreta altro che sé stesso.
Nessuna scenografia, nessun effetto luce, qualche oggetto, Il palco vuoto e piatto,
“C’è qualcuno in sala che potrebbe venire a prendermi?”
Inizia così, timidamente, con una confessione che spiazza.
Non si può iniziare se l’attore non è confortato dalla mano di qualche spettatore che impietosito dalla sua voce tremante lo va a raccogliere dietro le quinte.
Da lì in poi si instaura un dialogo con il pubblico che diventa testimone di un percorso intimo e suggestivo, coraggioso per i temi e la cifra stilistica messa in atto. Tra rivelazioni a volte ridicole, altre volte imbarazzanti, il performer racconta la sua esperienza in questo mondo fantastico e crudele, affascinante e spietato, tragi-malincomico sempre..
La conclusione?
(Rivolgendosi al pubblico)
Lo faccio per te… per te, per te.. ma soprattutto lo faccio per me”.

NOTE DELL’AUTORE
Concedimi ha visto la sua forma embrionale nella Scuola Elementare del Teatro diretta da Davide Iodice nel 2017 e poi si è sviluppato in altra sede nel 2019 debuttando al Magnfico Visbaal nel Marzo 2019
Questo lavoro è da definirsi “performativo”, e la quarta parete viene immediatamente annientata, e, si continua senza compromessi,
Lo spettatore in maniera discreta entra letteralmente nella scena e diventa parte integrante, agendo in prima persona e diventando esso stesso teatro.
Attore-spettatore, nessuna illusione, molta poesia, nessuna distanza,molta fascinazione,
La timidezza dell’uomo che toglie la sua maschera da agnello sacrificale dopo essere stato sgozzato (da uno spettatore) offre cristicamente il suo sangue al pubblico diventa il prologo spiazzante per questo viaggio e poi si chiede
Ogni sera è così… Ma chi me lo fa fare? .
Le frustrazioni, le paure, le incertezze, le delusioni, le incomprensioni, gli abusi, le speranze, scorrono in un altalena di emozioni e suggestioni
insieme ad un sapiente lavoro con oggetti metaforico e a tratti onirico.
Un percorso che fa’ entrare e uscire lo spettatore dall’illusorio teatrale tra ironia, poesia e spettacolo, senza sosta e senza filtri.

CHI LO HA VISTO SCRIVE:
L’ attore, agnello sacrificale, dona il suo corpo ogni sera.
Che ne sa il pubblico della sua storia, delle sue paure, delle difficoltà, le necessità di sbarcare il lunario? Incassa dinieghi e false lusinghe.
Si interroga lo spettatore, sulla generosità di chi dona corpo e cuore ogni sera, rinnovando la fatica e la bellezza del darsi pagati, ma non sempre, da applausi, sorrisi e da emozioni regalate?
L’ attore lo fa per te e per te e anche per sé.
Ieri sera l’ ha fatto anche per me.
Io ieri sera ho aggiunto qualcosa alle mie consapevolezze.

PERSINSALA.IT
Un’opera dedicata al mestiere dell’attore, alle sue fatiche, ai suoi paradossi. Al suo corpo che si fa segnare dalle parole, che è esposto alla violenza di chi lo guarda (lasciando trapelare anche una sorta di masochismo nel farlo). Ai dubbi, le ansie, le sofferenze di chi – ogni sera – si mette in gioco, a disposizione del pubblico.
Il pubblico è invitato a entrare in scena, ossia nella casa dell’attore, gli si siede intorno e da lì assiste e prende letteralmente parte all’azione. Molto forti alcune immagini e passaggi: la scrittura sul corpo realizzata dagli spettatori con un pennarello, la flagellazione con la cintola e, soprattutto, il buio improvviso che inghiotte la scena (dove si trovano a stretto contatto attore e spettatori) – metafora potente di una situazione quasi ontologica di distanza e incomunicabilità che separa il performer dal pubblico.
Per finire, il rimando alla celebre frase di Eduardo De Filippo, sul teatro come gelo. La citazione merita, a nostro parere, una breve riflessione. (…) Viene, da chiedersi perché gli artisti sentano la necessità di proporre questi temi, di far sentire la loro voce in quanto artisti, di rivendicare il loro impegno, il loro sacrificio, il loro mettersi in gioco. Perché questa richiesta di ascolto? Una domanda che, in qualche modo, mette in discussione il ruolo dello spettatore, in quanto protagonista altrettanto importante del gioco teatrale. Per prendere parte al gioco occorre essere solidali, partecipi, lasciarsi andare. Spesso, però, lo spettatore è prima di tutto critico, distante perché fermo all’analisi, al momento razionale, al soppesare, valutare, criticare ciò che gli si propone. Oppone resistenza. È troppo restio al semplice prendere parte al rito. Il gioco risulta impari e, proprio come quando è nato, rimane sacrificio di un capro espiatorio da parte della comunità. Occorre ricordare, seguendo la richiesta degli attori, che cosa significhi andare in scena, realizzare spettacoli. Forse quello che questi spettacoli sottolineano è l’assenza di una comunità in grado di capirli nel profondo – una comunità consapevole di se stessa.

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