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09/03/2019
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Ieri mattina si è tenuta la manifestazione sul tema “Il lavoro delle donne – Un percorso accidentato verso la conciliazione vita-lavoro tra diritti, discriminazioni, pari opportunità e tutele”, alla quale – per la Uil Avellino/Benevento – sono intervenuti Lucia Di Gioia, Fioravante Bosco, Amleto De Nigris, Aniello De Luca e Fortuna Credendino.

Questo l’intervento di Lucia Di Gioia, a nome della Uil: “Buon giorno a tutte e a tutti. Essere qui oggi è per me un onore perché sento di dar voce non solo a tutte le donne in sala, ma anche alle numerose donne che in silenzio ogni giorno combattono tante difficili battaglie.
E’ attraverso voi presenti che voglio indirizzare il più cordiale saluto a tutte coloro che lottano in maniera sempre più forte rispetto al passato per affermare i propri diritti. E noi qui ne siamo un esempio. Mondo del lavoro, politica, informazione tutti riuniti oggi per dar voce alle fragilità di coloro che fragili non sono. Le loro speranze, i loro progetti, le loro idee animano il lavoro che tutte insieme cerchiamo di affrontare nel quotidiano.
Sono ormai all’ordine del giorno notizie riguardanti la violenza sulle donne ma è doveroso segnalare che questo fenomeno è solo la punta dell’iceberg, la conseguenza di un mondo costituito da una cultura maschilista che ha permeato per secoli e influenzato non solo gli uomini ma anche e soprattutto le donne che subiscono troppo spesso in silenzio per paura e per la pace.
Per scardinare questa catena ci vuole l’insediarsi di una nuova cultura dove la donna sia valorizzata e non tenuta ai margini della società. Non siamo ancora un paese delle pari opportunità. La carenza di servizi scarica sulle donne mansioni insostenibili.
Come rappresentante sindacale, anzi, come rappresentante sindacale donna, dico che compito e ruolo di un moderno sindacato è certamente quello di monitorare tutto il raggio della realtà socio economica per assicurare una valida tutela dei diritti dei lavoratori ed incentivare la realizzazione di modelli di sviluppo secondo la logica dell’uguaglianza e della solidarietà come indicato nella nostra Carta Costituzionale.
Concedetemi una breve riflessione sul significato di uguaglianza. Questo termine non significa essere tutti uguali ma avere tutti le medesime opportunità.
Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo accettare e rispettare le nostre diversità e considerarle non un ostacolo ma una ricchezza.
Ciò rende più difficile ma ancora più necessario e fondamentale il nostro impegno sindacale, politico, umano. Incontri come questo di oggi testimoniano che probabilmente c’è ancora tanto da fare su questo versante.
Analizzando la posizione delle donne nel mercato del lavoro, emerge subito una realtà complessa e preoccupante perché caratterizzata da forti e persistenti squilibri tra i generi particolarmente accentuati nel sud del Paese.
Per le poche che lavorano, poi, subentra un altro problema, quello del Gender Pay Gap, ovvero della differenza di salario, a parità di mansioni, tra uomini e donne.
Il problema più evidente è che maggiori sono il potere, il prestigio e la retribuzione di una posizione lavorativa, più il numero di donne che la occupano diminuisce: è il fenomeno del “soffitto di cristallo”.
Un rapporto stilato qualche anno fa sulle differenze di genere affermava che per colmare il “pay gap bisognerà aspettare il 2133! Ben 114 anni!
In Italia, su un campione di 210 mila laureate emerge che dopo un anno dalla laurea e a parità di condizioni l’uomo guadagna il 14% in più della donna; dopo 5 anni la percentuale sale al 22%.  Il dato si fa ancora più preoccupante per le donne che hanno già un figlio a carico per le quali la percentuale di coloro che trovano un impiego scende al 27% rispetto al 39% delle colleghe neolaureate senza figli. In Italia le donne dopo la nascita del primo figlio non sono sufficientemente supportate da sistemi di welfare (tra i quali idonei servizi per l’infanzia come ad esempio gli asili nido aziendali) o possibilità di lavoro a distanza che potrebbero indurre le stesse a cercare un’occupazione o a non abbandonarla per difficoltà nell’organizzazione quotidiana.
Esistono molti possibili sistemi da utilizzare per promuovere la parità salariale in Italia e in molti altri paesi del mondo, la strada è ancora lunga, ma l’augurio è che non si debba aspettare fino al 2133 per ottenerla.
Uomini e donne non fanno gli stessi lavori, non sono occupati negli stessi settori, hanno diverse progressioni di carriera, non hanno le stesse caratteristiche personali (età, anzianità sul lavoro, istruzione). Le donne tendono ad essere concentrate nei settori di attività (es. all’interno del settore manifatturiero nel tessile, all’interno del terziario, nei servizi alla persona) e nelle occupazioni caratterizzate da bassi livelli retributivi (insegnanti, impiegati, personale infermieristico). Non parliamo poi delle difficoltà nelle progressioni di carriera!
Basta analizzare il settore dell’insegnamento, per esempio, dove le donne sono la maggioranza, per capire il cuore del problema. Mettiamo che alle donne piaccia davvero insegnare più che agli uomini, e diamo per scontata una parità di formazione a riguardo. Mentre nella scuola dell’infanzia gli insegnanti sono quasi tutte donne, salendo di livello la percentuale si inverte. Le donne sono la maggioranza dei laureati, e hanno voti più alti degli uomini al momento della laurea. Eppure già tra i ricercatori diventano una minoranza (non raggiungono il 50 percento); al livello di professore associato la quota cala ancora; e scende addirittura al 10 percento nella posizione apicale dell’insegnamento, quella di professore ordinario…
Se pensiamo a una cattedra universitaria, chiunque si sieda a quella cattedra prende la somma di denaro prevista per essa. Ma questo non esclude che per una donna ottenere quella cattedra sia molto più difficile. Sito CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) 6 Rettrici su 82.
Si parla tanto delle leggi approvate in Islanda e in Germania per raggiungere la parità salariale tra uomini e donne, ma anche in Italia qualcosa dovrebbe effettivamente muoversi. Le ingiustizie devono cominciare a venire allo scoperto e soprattutto devono essere affrontate con politiche che consentano la piena conciliazione tra vita privata e vita professionale perché’ la nostra società possa crescere, le donne non devono essere costrette a scegliere tra famiglia e lavoro. A tutto ciò concorre un sistema d’ istruzione competitivo e meritocratico dove troppo spesso si dimentica che invece la scuola è aperta, è luogo di formazione ma soprattutto di educazione delle nuove generazione. La scuola assieme alla famiglia può e deve essere il luogo nel quale si insegnano e si imparano il rispetto dell’altro e la valorizzazione della donna. La coscienza della parità dei diritti e dei doveri e quindi della buona cittadinanza nasce proprio dai banchi di scuola.
La delicatezza, complessità e varietà della situazione attuale ci inducono a riflettere sulle nostre scelte future. Il modo concreto di raggiungere tali obiettivi ci sarà suggerito da un confronto continuo con le realtà che maggiormente richiedono un più incisivo impegno politico e perché no anche sindacale. Noi donne per conto nostro, andremo avanti con coraggio e perseveranza sicure che le idee positive finiscono sempre per generare progresso, sviluppo e benessere.
William Shakespeare: Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!

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