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Luigi De Nigris : c’è bisogno di uno straordinario impegno sul terreno della riorganizzazione interna e delle procedure.

La scorsa settimana l’Anci (Associazione nazionale comuni d’Italia), ha chiesto al Ministero dell’Interno dei correttivi per agevolare la sostenibilità e la stabilità degli enti che faranno ricorso alle procedure di dissesto e pre-dissesto.

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Un allarme probabilmente dettato anche da un elaborato della stessa associazione in collaborazione con l’Ifel (Istituto per la Finanza locale), su dati Ministero dell’Interno all’8 giugno, che indica ben 84 amministrazioni in dissesto finanziario ed altri 146 enti locali a un passo dal crack. Tra i maggiori comuni in dissesto, non è una sorpresa, figura anche Benevento.

Si tratta quindi di una conferma, non di parte, di ciò che da tempo si sostiene: lo squilibrio finanziario cronicizzatosi negli anni è talmente elevato che perfino il piano di riequilibrio è risultato insufficiente e la Corte dei Conti regionale lo ha inesorabilmente bocciato. Occorre dunque “farsene una ragione” e prendere atto che gli strumenti legislativi a disposizione per il risanamento finanziario dell’Ente, nonostante gli sforzi e/o le forzature, non sono sufficienti ad evitare il dissesto.

Per molti enti questa grave situazione è esplosa dopo che il Ministero dell’Economia, anche su pressione dell’Unione Europea, ha imposto ai Comuni un’operazione di ripulitura dei conti. Introducendo il principio della competenza finanziaria potenziata o a scadenza, che obbliga l’ente a spendere solo quei soldi che hanno effettivamente incassato (se riscuote contanti può spenderli, se vanta crediti no), ha posto fine alla grande leva del debito e dei bilanci immaginifici da scaricare sulle amministrazioni successive, su cui far gravare l’onere di far fronte al deficit che man mano si accumulava. Un fatto patologico, diventato sistemico, ha consentito per decenni di spendere soldi senza averli effettivamente in cassa generando, di fatto, ogni anno un buco di bilancio legalizzato che a livello nazionale sarebbe compreso tra i 12 e i 15 miliardi.

Anche nel nostro caso basta dare uno sguardo ai conti per capire che la sistematica sovrastima del volume dei crediti da riscuotere, alcuni di essi hanno oltre 5 anni, sono esistenti solo sulla carta. Infatti, come si può pensare che il Comune di Benevento, che finora tra Imu, Tasi, addizionale Irpef, Tarsu, Tares, Tari, tra competenza e residui, ha riscosso percentuali bassissime, circa il 46 %, potrà riscuotere oltre 60 milioni di euro dai suoi concittadini?

Vi è poi aggiungere che non c’è giorno che non pervengono al Comune di Benevento ulteriori richieste di pagamento. Parlo, ad esempio, di un nuovo e recente debito per circa 300.000,00 euro, mai censito finora, che l’Ente avrebbe nei confronti di Equitalia. Decine e decine di cartelle esattoriali mai pagate, riferite a contributi unificati, contravvenzioni codice della strada, imposte di bollo, di registro e sostitutive locazione immobili, canoni abbonamenti radio audizioni, contributi Inps per lavoratori parasubordinati, per le quali non si conoscono i motivi e le responsabilità di chi e perchè le ha generate.

E’ evidente che per riequilibrare stabilmente un ente “dissestato” non sono sufficienti solo manovre di natura contabile. Per cercare di superare le evidenti criticità fin qui manifestate dalle precedenti amministrazioni c’è innanzitutto bisogno di uno straordinario impegno sul terreno della riorganizzazione interna e delle procedure.